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Oltre la Pop Art. Giosetta Fioroni

del

Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale è il titolo della mostra retrospettiva che la città di Milano e il Museo del 900 dedicano alla lunga carriera della pittrice romana Giosetta Fioroni, artista di primo rilievo nel panorama artistico italiano degli anni 60.

Protagonista assieme a Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli della scena romana negli anni del la ripresa economica e sociale del Paese, Giosetta Fioroni ha preso parte al rinnovamento dell’arte italiana dopo due decenni di sostanziale predominio dell’arte astratta informale, riportando l’attenzione verso nuove possibilità iconiche.

L'ingresso della mostra Giosetta Fioroni, Viaggio Sentimentale al Museo del Novecento di Milano. © Lorenzo Palmieri
L’ingresso della mostra Giosetta Fioroni, Viaggio Sentimentale al Museo del Novecento di Milano. © Lorenzo Palmieri

Nel corso degli anni Sessanta prende parte alla compagine della  Scuola di Piazza del Popolo, il gruppo di giovani artisti, che con ritrovo al bar Rosati, gravitava attorno alla galleria la Tartaruga di Plinio de Martiis.

Raccontare l’opera di Giosetta Fioroni consente di parlare anche dell’arte italiana anni sessanta sotto un profilo diverso, meno filo-americano e più autenticamente italiano. Consente di liberare l’immagine che abbiamo degli artisti romani dal pesante fardello della Pop Art americana, che è stata sicuramente importante, ma che risulta marginale se si mettono al centro le peculiarità del fenomeno italiano.

 

Gli esordi informali tra Parigi e Roma

 

Dispongo le forme nello spazio del quadro nel modo rapido e sintetico in cui esse si presentano attraverso il ricordo. Cercando di fare un montaggio di vari elementi presi in differenti direzioni e strati della memoria. Per direzioni della memoria intendo dei lunghi canali dove si raggruppano i ricordi. Dove si depositano le continue apparizioni che l’esperienza di vita ci propone. Un luogo a una certa ora e con una certa luce, il gesto di qualcuno, il modo di muovere gli occhi, una mano, l’unirsi di certe strade… me stessa vista in prospettiva interna (Giosetta Fioroni, 1962).

Parigi e Roma. Basta il nome queste due città a rendere l’idea della distanza che separa Giosetta Fioroni dall’immaginario Pop cui si è soliti associarla. Parigi, capitale della cultura europea negli anni in cui il testimone sta passando a New York, è una città vivace, laboratorio del presente e al tempo stesso luogo della tradizione. Nella capitale francese Fioroni si lega ai pittori informali Joan Mitchell e Jean Paul Riopelle ed entra in contatto con il critico d’arte Pierre Restany che la introduce al lavoro di Yves Klein, approfondendo il contatto dell’artista con l’avanguardia artistica del suo tempo, divisa tra le esperienze informali e le nuove sperimentazioni del Nouveau Realisme.

Giosetta Fioroni, Interno con freccia rossa, 1960. Olio su tela 80x100cm Collezione Privata, Bologna © Carlo Favero
Giosetta Fioroni, Interno con freccia rossa, 1960. Olio su tela 80x100cm Collezione Privata, Bologna © Carlo Favero

Tra Parigi e Roma, negli anni che vanno dal 1957 al 1962, Giosetta Fioroni traccia le basi fondamentali del proprio percorso artistico. Emerge l’attenzione al ricordo e agli strati della memoria, evocati attraverso estese campiture di colore, scarabocchi e piccoli segni. Una sorta di “tono narrativo” guida in maniera sotterranea schizzi e scarabocchi, macchie, forme e piccoli emblemi. Segni che diventano parole, parole che diventano figure. Una pittura astratta che non rinuncia, in definitiva, al messaggio e alla narrazione.

Sono ottimi esempi di questa maniera quadri come Rue Princesse, 1961 o Interno familiare con lampadine, 1963 dove a una grafia astratta e gestuale, si aggiungono piccoli emblemi significativi: un quadrato con sopra un triangolo, un cuore, oppure delle labbra, una sedia, una finestra. Piccoli frammenti figurativi che rivelano l’interesse nascente dell’artista verso nuove soluzioni narrative, in cui la figura recupera il centro della scena.

 

La Biennale del 1964 e gli Argenti

 

A me interessava una cosa molto semplice, una certa narrazione legata ad una immagine cinematografica, che si ripete. Insisto sul fatto narrativo nel senso che ormai da un anno a questa parte, io ho cercato, ho desiderato di raccontare delle cose. L’anno scorso feci una mostra a Parigi, in cui dalla pittura astratta ero passata ad una pittura con dei simboli molto precisi, e poi, piano piano sono venute fuori delle immagini. (Giosetta Fioroni, 1964)

Nel 1964 Giosetta partecipa alla XXXII Biennale di Venezia, che premia il giovane artista americano Robert Rauschenberg e sancisce il definitivo successo della Pop Art americana in Italia e in Europa. Il definitivo trasferimento a Roma negli anni in cui si afferma la società del benessere e nel pieno della rivoluzione Pop, portano Giosetta Fioroni verso una veloce declinazione della sua arte su versanti figurativi. I cambiamenti sociali in corso, le nuove icone della contemporaneità, la fotografia, il cinema, la televisione, la conducono a un radicale ripensamento del rapporto con l’immagine. Ha inizio la stagione fondamentale degli Argenti.

Un vista della mostra Giosetta Fioroni, Viaggio Sentimentale al Museo del Novecento di Milano. © Lorenzo Palmieri
Un vista della mostra Giosetta Fioroni, Viaggio Sentimentale al Museo del Novecento di Milano. © Lorenzo Palmieri

I quadri della serie degli Argenti rappresentano giovani donne sorprese in piccoli gesti quotidiani come l’aggiustarsi dell’acconciatura, il volgere dello sguardo o il semplice camminare lungo la strada. L’artista li realizza proiettando l’immagine fotografica sulla tela e inclinando la superficie di proiezione in modo da creare effetti di distorsione, di duplicazione, di ingrandimento e di leggera deformazione della figura. Il risultato di questo processo è una pittura il più delle volte silenziosa e allusiva dove alle superfici smaltate di argento fanno da controcampo ampie superfici lasciate vuote.

Diversamente da quanto accade con la pittura degli altri artisti romani, non è il tratto iconico e visivo a colpire lo spettatore, quanto, piuttosto, il fascino nei confronti della posa e dell’atteggiamento. Attraverso il ripetersi, talvolta insistente, di una stessa figura o silhouette, ora ingrandita ora rimpicciolita, ora sovrapposta, l’immagine si pone in bilico tra narrazione e arabesco (Dorfles), tra astratto linearismo e figura. Come un fiume carsico di cui si erano perse le tracce, ritorna in superficie la vena narrativa che abbiamo visto stare alla base della scrittura gestuale della prima Giosetta Fioroni, la voglia di evocare e raccontare storie attraverso le immagini.

 

Giosetta Fioroni. Un’artista Pop?

 

Tra le esperienze della Pop Art e ciò che faccio io non mi sembra che ci sia niente in comune, anche perché quello è un fatto legato ad un tipo di società americana. Personalmente mi ha influenzato di più un certo tipo di letteratura, un certo tipo proprio di sequenza e di apparizioni. (Giosetta Fioroni, 1964)

A dispetto dei suoi compagni di strada, Giosetta Fioroni è un’artista che si muove ancora libera tra le definizioni e i tentativi di classificazione. La sua pittura si nutre della tradizione artistica e letteraria europea e solo a margine di quella americana. Non a caso alcuni tra i suoi riferimenti elettivi sono Paul Klee, Arshile Gorky – che come è noto fa da ponte tra l’esperienza surrealista europea e quella astratta americana – e Cy Twombly, artista americano che si trasferisce a vivere a Roma. Visitando la mostra a Milano viene proprio da chiedersi se si tratti davvero di un’artista Pop, e se valga davvero la pena affibbiarle questo attributo.

Più che Pop, l’arte di Giosetta Fioroni ci sembra essere l’espressione figurativa di un tempo unico e irripetibile della cultura italiana. Il tempo in cui una società reduce dal Fascismo, dalla guerra e da una faticosa ricostruzione, alza la testa e conosce finalmente il benessere. Un tempo in cui gli artisti sentono di dover adeguare il loro modo di sentire a una società in rapido cambiamento. Un’arte che parla di un nuovo modo di vedere e di un nuovo rapporto con l’immagine, che, a ben vedere, significa un nuovo rapporto con la storia e con la propria memoria. Un fenomeno vario e complesso che sarebbe riduttivo chiudere dentro la definizione di Pop Art Italiana.

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