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Arte in Trust: La Pianificazione fiscale per il vostro patrimonio artistico (seconda parte)

del

Nei precedenti articoli in tema di “Arte in Trust” abbiamo tratteggiato una panoramica dei profili giuridici e fiscali connessi all’istituzione di un Trust finalizzato a proteggere e tramandare un patrimonio artistico. Auspicando di aver realizzato una cornice utile all’artista ed al collezionista per inquadrare le peculiarità di questo istituto o quantomeno di aver suscitato la sua curiosità ad approfondirne l’utilità e le potenzialità è ora giunto il momento di focalizzare la nostra attenzione sugli aspetti altrettanto rilevanti della “vita quotidiana” del Trust a seguito della sua istituzione.

Se da un lato, sino ad oggi, abbiamo risposto alle domande che un collezionista si potrebbe porre circa le modalità attraverso cui soddisfare le proprie esigenze concernenti la protezione giuridica e la trasmissione ereditaria del patrimonio, dall’altro siamo consapevoli che lo stesso manifesterà altrettanto meritevoli esigenze di valorizzazione del proprio patrimonio mediante la gestione corrente dello stesso.

È giunto pertanto il momento di volgere lo sguardo verso l’amministrazione proattiva di un patrimonio artistico destinato in Trust e, sulla scorta del precedente intervento in tema di fiscalità indiretta dell’istituto, prendiamo le mosse dalla disamina della fiscalità diretta del Trust, ovvero dal regime fiscale al quale soggiaceranno i redditi prodotti dal patrimonio artistico facente parte del Fondo in Trust.

Rifacendoci ad un articolo pubblicato su queste pagine nei mesi scorsi, attraverso il quale si chiariva il corretto trattamento fiscale dei proventi derivanti dalla compravendita di opere d’arte in funzione delle varie “categorie” di collezionisti, intendiamo rivolgere la nostra attenzione ai collezionisti “in senso stretto” ed ai collezionisti “mercanti” ovvero a quei collezionisti che, sebbene possano voler trarre profitto dalla propria passione per l’arte, non pongono in essere una vera e propria attività imprenditoriale. Questo in quanto, a nostro avviso, l’istituzione di un Trust volto a proteggere, tramandare e valorizzare un patrimonio artistico, risponde a finalità che esulano dalla tipica attività commerciale dei collezionisti “professionali” i quali, per l’esercizio della propria professione in forma abituale e prevalente, adotteranno ragionevolmente differenti forme organizzative.

Effettuato questo breve ma doveroso richiamo andiamo ora ad esaminare il trattamento fiscale dei redditi conseguiti da collezionisti non imprenditori che abbiano deciso di destinare il proprio patrimonio artistico in Trust.

Il legislatore tributario, a decorrere dal 2007, ha inserito i Trust tra i soggetti passivi dell’Imposta sul Reddito delle Società (IRES). Il Trust è pertanto tassato, ai fini delle imposte sui redditi, secondo le medesime disposizioni applicabili alle società di capitali ed agli enti assimilati e, se residente nel territorio dello Stato, sarà tassato in Italia per i redditi ovunque prodotti. Il Trust dovrà pertanto, al momento della sua istituzione, dotarsi di un proprio codice fiscale e, alle scadenze previste per legge, presentare una propria dichiarazione dei redditi.

È tuttavia necessario, al fine di fornire il corretto inquadramento fiscale applicabile ad ogni specifica casistica, operare una distinzione preliminare tra:

  • Trust trasparenti: ovvero quei Trust aventi beneficiari del reddito dallo stesso prodotto specificatamente individuati nell’atto istitutivo e, come ribadito dalla stessa Amministrazione Finanziaria, “titolari del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte del reddito che gli viene imputata per trasparenza”. In questa ipotesi, i redditi prodotti dal Trust, saranno sempre imputati ai beneficiari quali redditi di capitale;
  • Trust opachi: ovvero quei Trust privi di beneficiari del reddito specificatamente individuati nell’atto istitutivo. In tal caso i redditi verranno attribuiti direttamente al Trust e, in caso di successiva distribuzione degli stessi ai beneficiari, non sconteranno più alcun prelievo

Pertanto, qualora il collezionista non commerciante istituisse un Trust trasparente, identificando fin dall’inizio i soggetti beneficiari del reddito prodotto dalla valorizzazione del patrimonio artistico, questi dovranno dichiarare tali redditi personalmente, per trasparenza, quali redditi di capitale.

Viceversa, laddove il Trust istituito dal collezionista possa essere considerato opaco, il reddito prodotto dalla gestione non imprenditoriale delle opere ivi destinate verrà attribuito direttamente al Trust, considerato in tale contesto un autonomo soggetto IRES.

Anche nel caso di gestione proattiva del patrimonio artistico mediante l’istituto del Trust, sarà opportuno che il Trustee produca e conservi, nell’ottica di eventuali verifiche di natura fiscale, una documentazione dettagliata ed idonea a dimostrare come l’attività posta in essere nell’esercizio della sua funzione rappresenti una mera attività di gestione e valorizzazione del patrimonio destinato dal Disponente e non un’attività commerciale esercitata con i caratteri dell’abitualità e della prevalenza tipici di un’attività imprenditoriale vera e propria.

Infine, nell’ipotesi in cui, in luogo di una gestione dinamica del patrimonio artistico, il Trust limitasse la propria attività alla dismissione di opere rinvenienti da successioni ereditarie , benché nell’ottica di un ottimale valorizzazione delle stesse, non si verrebbe naturalmente a manifestare alcuna materia imponibile suscettibile di imposizione diretta sui redditi. In tal caso, l’atto di disposizione del patrimonio artistico nel Fondo in Trust, redatto nella forma dell’atto pubblico, potrebbe rappresentare la documentazione idonea a giustificare la neutralità fiscale delle dismissioni in caso di eventuali verifiche.

La materia fiscale, anche con riferimento al Trust, è piuttosto ampia e suscettibile di assumere sfaccettature differenti a fronte di ogni singola fattispecie, non si ha pertanto la presunzione di poter effettuare una disamina della molteplicità delle casistiche riscontrabili nella realtà in poche righe. Siamo tuttavia in grado di affermare che, anche sotto il profilo della fiscalità diretta sui redditi prodotti, la scelta di destinare in Trust un patrimonio artistico, al fine di una sua ottimale valorizzazione sotto il profilo economico, rappresenta un’alternativa caratterizzata da marcati profili di convenienza.

Ancor di più, possiamo ora sostenere che l’utilità di questo strumento non si arresta nella sua efficacia nel fornire protezione al patrimonio del collezionista in ottica successoria ma bensì si estende nell’opportunità di valorizzare quotidianamente le opere mediante una gestione economica attiva e dinamica delle stesse.

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