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Da Salvatore Arancio a Maria Lai: gli italiani alla Biennale di Venezia 2017

del

Salvatore Arancio, Irma Blank, Michele Ciacciofera, Giorgio Griffa, Riccardo Guarneri e Maria Lai. Sono questi i sei artisti italiani scelti da Christine Macel per la 57. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Viva Arte Viva che aprirà al pubblico il prossimo 13 maggio. Al loro fianco altri 114 artisti provenienti da 50 Paesi, per un totale di 120 nomi di cui ben 103 sono alla loro prima partecipazione alla Biennale. Tra questi anche il nostro Salvatore Arancio, mentre per Giorgio Griffa quella di quest’anno sarà la terza presenza veneziana dopo quelle del 1978 e del 1980. Seconda partecipazione, invece, per Riccardo Guarneri, che dalla laguna è passato nel lontano 1966; Irma BlankMaria Lai, che alla Biennale sono state presenti nel 1978. E seconda presenza anche per Michele Ciacciofera che ha esposto all’interno del Padiglione Italia nel 2011.

La Curatrice della Biennale di Venezia 2017 Christine Macel e il Presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta qualche istante prima dell'inizio della Conferenza stampa
La Curatrice della Biennale di Venezia 2017 Christine Macel e il Presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta qualche istante prima dell’inizio della Conferenza stampa

Concepita come un viaggio nel quale si incontrano gli artisti e dove gli stessi si avvicinano gli uni agli altri o si allontanano, la Mostra curata da Macel si snoderà lungo un percorso espositivo coniugato alle opere degli artisti, piuttosto che ad un tema conduttore unico, in un contesto teso a favorirne l’accesso e la comprensione dei significati, generando incontri, risonanze e riflessioni. Una sorta di “poema epico”, come l’ha definita il Presidente della Biennale, Paolo Baratta, durante la presentazione del 6 febbraio scorso, composto da «un prologo e nove episodi, nel quale, comunque, a ciascuna opera singolarmente, è lasciato il compito di impegnare il visitatore con la sua vitalità». Ma soprattutto, come ha sottolineato la stessa curatrice, Viva Arte Viva è «un’esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e per la figura dell’artista. Una Biennale con gli artisti, degli artisti e per gli artisti, sulle forme che essi propongono, gli interrogativi che pongono, le pratiche che sviluppano, i modi di vivere che scelgono». E questo perché l’arte di oggi, di fronte ai conflitti e ai sussulti del mondo, – ha commentato Christine Macel  – «testimonia la parte più preziosa dell’umanità, in un momento in cui l’umanesimo è messo in pericolo. Essa è il luogo per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, così come degli interrogativi fondamentali. L’arte è l’ultimo baluardo, un giardino da coltivare al di là delle mode e degli interessi specifici e rappresenta anche un’alternativa all’individualismo e all’indifferenza».

Salvatore Arancio, MIND AND BODY BODY AND MIND, 2015 (video still), looped video with sound, 16 min. 37 sec. Courtesy; Federica Schiavo Gallery
Salvatore Arancio, MIND AND BODY BODY AND MIND, 2015 (video still), looped video with sound, 16 min. 37 sec. Courtesy; Federica Schiavo Gallery

Ma veniamo ai nostri cinque artisti. Il più giovane di tutti è Salvatore Arancio. Nato nel 1974 a Catania  si è formato al  Royal College of Art di Londra, città dove oggi vive e lavora. Il medium da cui ha origine la sua ricerca artistica è la fotoincisione, ma l’artista lavora anche con la scultura, il collage, l’animazione e il video. Il suo interesse si concentra sulla potenzialità delle immagini; partendo dal loro significato letterale, Arancio crea nuove giustapposizioni evocative e seducenti ma, al tempo stesso, profondamente inquietanti. Le sue principali fonti d’ispirazione sono la natura e la scienza, ma, nella ricostruzione dell’immagine e nella percezione dello spettatore, è assente ogni allusione al sublime. I suoi paesaggi artificiali suggeriscono un senso di familiarità e, al contempo, d’ignoto – ciò ne aumenta le implicazioni e ne esalta la simbologia. Arancio lo troveremo nel Padiglione del Tempo e dell’Infinito – quello che chiude il percorso espositivo – dove sarà presente con un progetto nato da una performance/video commissionata, in origine, dalla Whitechapel Gallery nel 2015 e che prendeva spunto da una sessione di ipnoterapia che l’artista ha trovato in rete e il cui obiettivo era quello di trasformare l’ascoltatore in un artista migliore. Un lavoro che ha colpito la curatrice della Biennale tanto da averlo scelto come opera di chiusura del percorso di Viva Arte Viva. Per l’occasione l’opera, dal titolo MIND AND BODY BODY AND MIND, è stata inserita in un progetto più ampio che la vede dialogare con una grande installazione: una sorta di giardino di sculture che sarà visibile nello spazio aperto immediatamente adiacente la sala che ospita il suo lavoro.

Irma Blank, Trascrizioni, In due, 1975. China su carta pergamenata 2 pagine, cm.15x9,5 cad. Photo credit: C. Favero. Courtesy: the artist and P420, Bologna.
Irma Blank, Trascrizioni, In due, 1975. China su carta pergamenata 2 pagine, cm.15×9,5 cad. Photo credit: C. Favero. Courtesy: the artist and P420, Bologna.

Proseguendo in ordine alfabetico, troviamo poi Irma Blank. Tedesca di nascita ma trasferitasi in Italia alla fine degli anni ‘50, Blank vive e lavora a Milano. Eredita dalle avanguardie, e soprattutto dalle neo avanguardie di metà del secolo scorso, il bisogno di rapportare l’arte alla vita. Questo criterio di misurazione si palesa in Irma Blank dalla fine degli anni ’60 sotto forma di silenziosa dedizione ascetica, l’artista fa della scrittura un filo sul quale tramare e raccontare una lunga esperienza che risiede nel gesto. Tutto il lavoro di Blank è attraversato da una dialettica tra scrittura e disegno, scrittura e pittura. Carta, tela, tavola, libro sono le superfici su cui si crea e si struttura il rapporto tra segno e tempo; inchiostro, china, penna a sfera, acquerello, olio e acrilico gli strumenti che Blank sceglie per creare il corpo dell’opera. Sebbene si serva sempre di modalità diverse, il riferimento alla scrittura e allo spazio del libro sono costanti nelle opere dell’artista, fin dalle prime serie di lavori. Una scrittura che si fa universale, che non si legge ma si guarda. La sua pittura si fa lettura, e la scrittura immagine. Un’architettura del non detto e dell’interstizio.

Michele Ciacciofera, Nature conservancy, 2016 wood, wool, 45x16x12 cm
Michele Ciacciofera, Nature conservancy, 2016 wood, wool, 45x16x12 cm

Il secondo italiano più giovane tra quelli selezionati lo troveremo, invece, nel Padiglione delle Tradizioni (il quinto)  in cui l’arte si immerge nei riferimenti di una storia dal tempo lungo, come in un desiderio di filiazione, rifondazione e riscoperta. Si tratta di Michele Ciacciofera. Nato a Nuoro nel 1969, ma siciliano di adozione – ha vissuto sin da bambino a Palermo per poi trasferirsi a Siracusa -, Ciacciofera oggi vive e lavora a Parigi. Da anni si dedica ad un attento studio del paesaggio affrontando anche il rapporto attuale tra uomo e natura. La sua opera si confronta con temi prima esistenziali poi più segnatamente politici e sociali, attraverso un linguaggio visivo complesso dalla forte valenza simbolica. La reciproca contaminazione tra il proprio linguaggio espressivo, la letteratura, il viaggio e la storia – concepita come presupposto interpretativo necessario per la contemporaneità, – ha costituito un forte stimolo per molti dei suoi cicli pittorici. Attualmente conduce una personale ricerca su alcuni temi della condizione umana: tortura e prigionia, melanconia; parallelamente le tematiche ecologiche vengono affrontate attraverso grandi e desolate spiagge e deserti in cui l’assenza della forma umana diviene denuncia del rapporto, inesorabilmente conflittuale, tra uomo e natura. Nello stesso periodo della Biennale veneziana, peraltro, Ciacciofera sarà impegnato anche con Documenta 14 (Kassel/Atene), dove una sua installazione sonora dal titolo The density of the transparent wind sarà presente all’interno della piattaforma Radio Documenta.

Riccardo Guarneri, Le Luci dei Gialli Diversi, 2000.
Riccardo Guarneri, Le Luci dei Gialli Diversi, 2000.

Riccardo Guarneri, fiorentino classe 1933, inizia a dipingere nel 1953, alternando la pittura all’attività musicale. Dopo una breve stagione informale, dal 1962 comincia ad interessarsi al colore in quanto luce, alla grafia come pittura e alle problematiche inerenti alla percezione visuale. Segno, luce e colore si identificano, sostanziando un mondo poetico di sensibilità acuta e costituendo, pure nelle sue diverse fasi, il filo conduttore della sua ricerca artistica. A sei anni dal suo esordio, avvenuto nel 1960 alla Galerie de Posthoorn dell’Aja, partecipa alla Biennale di Venezia (con Agostino Bonalumi e Paolo Scheggi) e alla mostra Weiss auf Weiss alla Kunstalle di Berna. Più volte premiato in varie esposizioni nazionali, Guarneri partecipa a tutte le principali mostre italiane ed internazionali connesse con la Pittura Analitica e la Nuova Pittura. Alla Biennale di Venezia 2017 sarà presente all’interno del primo dei nove padiglioni di Viva Arte Viva: il Padiglione degli Artisti,  da cui inizia un’indagine sulle loro pratiche e il modo di fare arte. Un padiglione in cui i mondi materiali e spirituali degli artisti si estendono, innanzitutto attraverso la loro relazione con il libro, il testo, e in senso più ampio con la conoscenza, leitmotiv questo di molte opere.

Maria Lai, I racconti del lenzuolo. Filo su tela, 2011. Photo: Pietro Paolo Pinna
Maria Lai, I racconti del lenzuolo. Filo su tela, 2011. Photo: Pietro Paolo Pinna

Il Padiglione dello Spazio Comune, il terzo, riunirà invece gli artisti le cui opere si interrogano sul concetto del collettivo, sul modo di costruire una comunità che va oltre l’individualismo e gli interessi specifici, particolarmente presenti in un’epoca di inquietudine e di indifferenza. E’ qui che troveremo Maria Lai. Praticamente sconosciuta all’estero, l’opera di Maria Lai, scomparsa nel 2013, torna alla Biennale di Venezia a trentanove anni dalla sua prima partecipazione. La sua carriera artistica inizia negli anni Cinquanta, nel contesto dei nuovi fermenti che disorientano il mondo dell’arte. E’ in questo periodo che, forte della lezione di Arturo Martini, emerge la sua vocazione sperimentale. La ricerca di tecniche, materiali diversi e nuovi linguaggi è ricca ed originale: pani, telai, ceramiche, terracotte, tele e libri cuciti, che generano scritture illeggibili e materiche, evocative di stati d’animo e di pensieri, fino agli interventi ambientali ed alle performances collettive, con la partecipazione alla Biennale di Venezia (1978) con un progetto multimediale di Mariella Bentivoglio.

Giorgio Griffa, Canone aureo 868. Photo: Giulio Caresio. © Archivio Giorgio Griffa
Giorgio Griffa, Canone aureo 868. Photo: Giulio Caresio. © Archivio Giorgio Griffa

Infine, nel Padiglione dei Colori, che chiude il percorso dell’Arsenale, troveremo Giorgio Griffa (n. 1936). Considerato uno dei maggiori protagonisti dell’astrattismo, Griffa è esponente fra i più creativi di quella tendenza artistica denominata Pittura Analitica o Pittura Pittura nata sul finire degli anni Sessanta. Le opere dell’artista torinese sono tele libere, non “costrette” dal telaio, dove il colore diventa il tramite di un’azione e il segno l’effetto di un pensiero. Si contraddistinguono per la loro essenziale composizione formale: segni, linee, strisce, arabeschi, a volte sfumati, altre a campiture di colore uniforme ma sempre dipinti direttamente sulla tela grezza; una pittura immediata, vivace e luminosa, eseguita senza esitazioni, ma al contempo con grande emozione. Un modo di dipingere che sposta l’accento sugli elementi sostanziali della pittura, come il colore e lo spazio, elementi essenziali della sua composizione pittorica.

Con i 6 artisti selezionati da Christine Macel per Viva Arte Viva sale così a 9 il numero degli italiani presenti alla Biennale di quest’anno. Come già annunciato, infatti, la Curatrice del Padiglione Italia, Cecilia Alemani,  ha chiamato a rappresentare il nostro Paese in laguna tre artisti di nuova generazione: Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey. (Leggi -> Da Mambor alla Biennale: le mostre del 1° semestre 2017).

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.
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