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Buon Compleanno Mr Burri

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5.570 km separano New York e Londra, le due capitali dell’arte che, in queste settimane, stanno celebrando il 100° anniversario della nascita di Alberto Burri, uno dei più grandi ed influenti artisti italiani del dopoguerra. Sullo sfondo le Italian Sale, dove l’artista di Città di Castello ha fatto registrare un nuovo e importante risultato d’asta con la vendita, da Christie’s, di Rosso Plastica M1 (1961) per oltre 3.4 milioni di sterline. Un risultato che conferma come il suo mercato – da sempre solido tra i collezionisti più seri – sia in continua ascesa anche nelle aste internazionali, nonostante una sua presenza nei cataloghi sempre molto contenuta in termini di numeri. Due gli appuntamenti dedicati a Burri nella Grande Mela: il primo, grandioso, è la mostra del Guggenheim Alberto Burri: The Trauma of Painting, la prima grande retrospettiva dedicata all’arista italiano su suolo americano da oltre 35 anni. Una mostra che, mettendo insieme oltre 100 opere,  alcune delle quali mai esposte fuori dall’Italia, esplora l’intera carriera artistica di Burri ribadendone il ruolo centrale nella scena artistica e la sua influenza diretta su movimenti come il Neo-Dada, la Process Art e l’Arte Povera.

Alberto Burri in his studio in Case Nove di Morra, Città di Castello, Italy, 1982 Photo: Aurelio Amendola © Aurelio Amendola, Pistoia, Italy
Alberto Burri nel suo studio a Case Nove di Morra, Città di Castello, Italia 1982. Foto: Aurelio Amendola © Aurelio Amendola, Pistoia, Italy

Sempre a New York, la galleria Luxembourg & Dayan, nella Upper East Side, presenta invece Alberto Burri: grafica, che offre l’opportunità di scoprire uno degli aspetti forse meno conosciuti dell’opera di Burri, ossia le sue sperimentazioni e innovazioni nel campo della grafica d’arte, prendendo in esame una serie di lavori realizzati tra il 1971 e il 1994 ed esposti per la prima volta negli Stati Uniti. Nel vecchio continente, invece, è la Galleria Mazzoleni che nella sua sede di Londra sta celebrando il grande artista scomparso nel 1995 con una mostra eccezionale che mette insieme 30 opere che attraversano i diversi periodi dell’opera e della carriera dell’artista. E proprio per approfondire la nostra conoscenza dell’opera di Alberto Burri abbiamo raggiunto Luigi Mazzoleni che, dal 2014, dirige la sede londinese della galleria di famiglia fondata nel 1986 dal padre Giovanni, tra i primi a collezionare lavori dell’artista italiano.

Una vista della mostra dedicata ad Alberto Burri alla galleria Mazzoleni London
Una vista della mostra dedicata ad Alberto Burri alla galleria Mazzoleni London

Nicola Maggi: Alberto Burri è stato uno degli artisti italiani più rivoluzionari e influenti del dopoguerra. Dove affondano le radici della sua rivoluzione artistica?

Luigi Mazzoleni: «Le radici del radicale rinnovamento artistico operato da Burri sono, come in ogni processo, in parte profondamente meditate e in parte legate all’occasione, al momento, alla contingenza dell’esperienza dell’artista stesso. Alberto Burri nasce nel 1915 a Città di Castello, in Umbria. Sebbene l’arte sia una sua precoce e costante passione, in un primo momento non pensa assolutamente che questa possa essere altro che uno svago; infatti, terminati gli studi superiori, si iscrive alla facoltà di Medicina, per poi arruolarsi nell’Esercito come ufficiale medico. Questa prospettiva si rovescerà completamente nel giro di pochi anni, quando viene fatto prigioniero dalle truppe inglesi in nord-Africa e, da lì, mandato in un campo di prigionia militare a Hereford, in Texas; è durante questo periodo che Burri riprende a dipingere, utilizzando dapprima materiali di recupero. Altra data fondamentale è il 1948, anno del viaggio a Parigi dell’artista umbro; il confronto, soprattutto, con gli esiti della contemporanea esperienza Informale convincono Burri che sta percorrendo la strada giusta, con la sua crescente attenzione verso il superamento della pittura tradizionale».

Luigi Mazzoleni, Direttore Mazzoleni London
Luigi Mazzoleni, Direttore della galleria Mazzoleni London che fino al 30 novembre ospita la mostra “Alberto Burri”. Courtesy: galleria Mazzoleni

N.M.: Dell’opera di Burri sono state varie letture. Secondo lei qual è la giusta prospettiva da cui guardare al suo lavoro?

L.M.: «L’opera di Alberto Burri è molto interessante perché caratterizzata da una continua ricerca e sperimentazione, riguardanti sia la forma della pittura sia i suoi materiali. Egli si impone sia sulla scena italiana sia su quella internazionale con la sua interpretazione, altamente personale, del modello dell’Informale. Quella di Burri è una figura molto complessa e lo studio della sua opera permette di comprendere meglio le trasformazioni e i mutamenti dell’arte a partire dagli anni Cinquanta, in un’orizzonte non solo italiano, ma anche internazionale. La sua opera, infatti, come quella di molti altri artisti del tempo, non mira affatto alla rappresentazione quanto, piuttosto, alla ricerca di nuovi significati e nuove funzioni per l’arte».

Alberto Burri, Sacco e Rosso , 1956, sacco ed olio su tela, 100 x 86 cm. Courtesy: Mazzoleni
Alberto Burri, Sacco e Rosso , 1956, sacco ed olio su tela, 100 x 86 cm. Courtesy: Mazzoleni

N.M.: La sua famiglia è stata tra le prime a sostenere l’opera di Burri. Come fu accolto, inizialmente il suo lavoro?

L.M.: «La ricezione della sua opera fu sicuramente buona tra i critici, come dimostrano ad esempio gli scritti di Sweeney, di Brandi e di Argan. Curiosamente, la critica fu particolarmente favorevole specie in quell’ambito americano da cui la sua pittura aveva preso le mosse quasi per caso, come diversivo durante la prigionia. Mio padre mi ha raccontato un aneddoto molto divertente riguardante la mostra di Alberto Burri alla Galleria d’Arte Moderna di Torino nei primi anni ’70: nell’ultima sala c’era un quaderno su cui i visitatori potevano scrivere il loro giudizio sulla mostra; a gennaio alcuni giornali pubblicarono un estratto di questi commenti, che apparivano divisi tra il consenso dei sostenitori e lo scandalo dei detrattori, contribuendo a fare della mostra un’occasione culturale di massa. A scrivere in questa occasione non sono storici dell’arte o critici, che si sbizzarrivano ad alimentare la polemica sui canali di comunicazione ufficiali, ma soprattutto studenti, appassionati d’arte e visitatori comuni».

 Alberto Burri, Bianco CN 4, 1966, plastica, acrilico, vinavil, combustione su cellotex, 100 x 75 cm. Courtesy: Mazzoleni
Alberto Burri, Bianco CN 4, 1966, plastica, acrilico, vinavil, combustione su cellotex, 100 x 75 cm. Courtesy: Mazzoleni

N.M.: Tra i suoi primi “collezionisti” troviamo, peraltro, anche Lucio Fontana… In che rapporto erano i due artisti?

L.M.: «Alberto Burri e Lucio Fontana rappresentano i due poli del rinnovamento artistico italiano del secondo dopoguerra, ma mentre l’opera di Alberto Burri si concentra sul rinnovamento delle forme attraverso un profondo ripensamento dei materiali dell’arte, quella di Lucio Fontana dimostra una maggiore preoccupazione per l’indagine degli elementi spaziali. Li separa, inoltre, una differenza “anagrafica” di quasi una generazione: Fontana, infatti, nasce nel 1899. E ancora, sicuramente diversi sono i centri in cui i due artisti operano: Roma (e più tardi Città di Castello) per Burri e Milano per Fontana, che costituiscono i due poli in cui si articola la scena artistica italiana. Si può parlare sicuramente di elementi di continuità tra le visioni dei due artisti, di ricerche di matrice comune, spirito e riflesso di una determinata epoca. Inoltre Lucio Fontana, artista e uomo generoso, non mancò mai di sostenere le più giovani generazioni, esprimendo apprezzamento per le opere di questi artisti e incoraggiandoli, talvolta acquistando alcune delle loro prime opere».

Alberto Burri, Rosso Plastica L.A., 1966, plastica, combustione su cellotex, cm 26,5 x 34,5. Courtesy: Mazzoleni
Alberto Burri, Rosso Plastica L.A., 1966, plastica, combustione su cellotex, cm 26,5 x 34,5. Courtesy: Mazzoleni

N.M.: La carriera artistica di Burri attraversa vari periodi, ci può dire qualcosa sul suo modo di lavorare?

L.M.: «L’arte di Burri non è sempre uguale a se stessa: evolve, matura e si trasforma, sebbene mantenga una straordinaria coerenza di forme. L’artista, infatti, ricorre a elementi costanti, contribuendo a un’impressione unitaria del suo lavoro. Centrale, in ogni fase della sua opera è la materia, vera protagonista dell’arte, anche se mutevole: egli utilizza diversi materiali, a partire dai Catrami del 1948. Il primo Sacco, del 1949, venne realizzato con un sacco di iuta che aveva portato dal campo di prigionia negli Stati Uniti: una materia questa che, al di là della sua funzione pratica, dimostra dunque un forte valore simbolico. Negli anni Cinquanta protagonista diventa il fuoco, che definisce le forme: attraverso l’uso della fiamma ossidrica egli modifica superfici di plastica, un processo che ripeterà nei Legni, per virare poi, quasi alla fine del decennio, verso un uso del fuoco quasi tradizionale nei Ferri, assemblage di lamine di ferro diversamente lavorate. Sul finire degli anni Sessanta lavorerà sia ai Cretti sia con i Cellotex, un materiale di derivazione industriale che l’artista utilizza con nuove valenze estetiche».

Alberto Burri, Gobbo, 1969, acrilico su tela con supporto posteriore in legno, 150 x 90 cm. Courtesy: Mazzoleni
Alberto Burri, Gobbo, 1969, acrilico su tela con supporto posteriore in legno, 150 x 90 cm. Courtesy: Mazzoleni

N.M.: Oggi a Burri è riconosciuto un ruolo di primo piano nella storia dell’arte del XX secolo. Quanto è stata importante la sua pratica artistica per la sua generazione e per quelle successive? Quali sono gli artisti e i movimenti che ha maggiormente influenzato?

L.M.: «Burri è stato tra i protagonisti del rinnovamento della scena romana negli anni che seguirono la fine della Seconda guerra mondiale. La capitale italiana è, sopratutto negli anni Cinquanta, uno straordinario crocevia dove si incontrano non solo i talenti nazionali, ma anche molti degli artisti più importanti a livello internazionale come Willem de Kooning, Sebastian Matta, Robert Rauschenberg, Mark Rothko e Cy Twombly e l’artista umbro è, ovviamente, partecipe di questo clima di scambi. L’influenza di Burri si estende anche ad altri movimenti internazionali come, ad esempio, Assemblage. Quella di Burri è stata una figura fondamentale non solo per gli artisti più giovani, ma molto influente anche nell’immediato: già nel 1950 dà vita, insieme a Giuseppe Capogrossi e Ettore Colla a Origine, che l’anno successivo si fonderà con l’Age d’or di Piero Dorazio e Achille Perilli, dando luogo a Fondazione Origine, uno dei gruppi più all’avanguardia della Roma degli anni Cinquanta. Il suo lavoro sperimentale è stato fondamentale per tutti quegli artisti che hanno cercato una nuova forma, un nuovo indirizzo, un nuovo senso nel panorama della crisi della pittura da cavalletto. La pittura tradizionale e, soprattutto, il confine della tela veniva percepito come un limite. Burri è tra i primi a presentare una forma “ibrida” d’arte, non più solo pittura, che sarà analizzata poi da altre figure come Enrico Castellani e Agostino Bonalumi in Italia, o Frank Stella negli Stati Uniti, solo per citarne alcuni».

Installation view: Alberto Burri: The Trauma of Painting, October 9, 2015-January 6, 2016, Solomon R. Guggenheim Museum. Photo: David Heald (c) Solomon R. Guggenheim Foundation.
Installation view: Alberto Burri: The Trauma of Painting,  9 Ottobre, 2015-6 Gennaio, 2016, Solomon R. Guggenheim Museum. Foto: David Heald (c) Solomon R. Guggenheim Foundation.

N.M.: Assieme a Fontana e Manzoni, Burri è uno degli artisti italiani più apprezzati dal collezionismo internazionale. Come si è evoluto nel tempo il suo mercato?

L.M.: Attualmente i migliori musei del mondo, dal Guggenheim di New York al Centre Pompidou di Parigi, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma alla Tate Gallery di Londra, così come le maggiori collezioni private internazionali, includono almeno un’opera di Burri. Il suo percorso artistico ha sempre destato grande attenzione in ambito internazionale, e l’unicità di questa esperienza è stata riconosciuta da alcune, importantissime, esposizioni temporanee, come la più recente The Trauma of Painting, appena inaugurata al Guggenheim di New York in occasione del centenario della nascita dell’artista umbro. Indubbiamente, tali celebrazioni accresceranno l’attenzione per il lavoro del Maestro, con un prevedibile e forte incremento nella domanda delle sue opere. Questo lascia presupporre un considerevole aumento delle sue quotazioni, specchio di un rinnovato interesse nei confronti del percorso creativo di un artista eccezionale».

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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