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L’autentica delle opere d’arte: ancora troppe zone grigie

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L’autenticità costituisce l’aspetto più importante per un’opera d’arte, incidendo in maniera significativa sulla valutazione della stessa, sia da un punto di vista artistico, sia economico.  Con il termine autenticità si designa, nell’ambito del diritto contrattuale, la conformità di un determinato oggetto alle qualità e alla forma promesse all’acquirente. Da un punto di vista artistico, con autenticità si intende, quindi, l’attribuzione di un’opera a un determinato autore. Ma, pur essendo così importante, la regolamentazione dell’autenticità delle opere d’arte sembra essere affidata quasi esclusivamente a prassi di mercato, mentre la sua disciplina giuridica presenta ancora numerose zone grigie.

 

Dall’incertezza sui soggetti legittimati a rilasciare l’autentica…

 

In primo luogo, in Italia non esiste alcuna modalità di certificazione “ufficiale” di autenticità di un’opera d’arte. In particolare, la legge sul diritto d’autore (l. 22 aprile 1941 n. 633, LdA) non disponechi siano i soggetti legittimati al rilascio del certificato d’autentica, né prevede una gerarchia tra i soggetti menzionati nelle proprie disposizioni, né individua alcun criterio perché l’autentica rilasciata sia considerata quale prova privilegiata.

Nel caso di opere di un artista vivente, il diritto di autenticare spetta senza alcun dubbio all’artista. Quale manifestazione del proprio diritto morale di paternità, infatti, “l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera” (art. 20 LdA). Alla morte dell’artista, analoga prerogativa sorge in capo ad alcuni familiari dell’artista (art. 23 LdA), sull’assunto che possano aver conosciuto la produzione artistica e la vita dell’artista.

La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate a lungo, se il diritto d’autentica appartenga o meno esclusivamente all’artista e ai suoi familiari. Sul punto esistono due indirizzi giurisprudenziali contrapposti:

  • un primo indirizzo ritiene che il diritto di autenticare le opere – costituendo un’estrinsecazione del diritto morale di paternità – spetti solo ai soggetti menzionati dalla legge, quindi all’artista e ai suoi familiari (Trib. Milano 1 luglio 2004);
  • un secondo orientamento, attualmente prevalente, amplia la sfera dei soggetti legittimati a chiunque – purché esperto – poiché il parere sull’autenticità dell’opera costituirebbe espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero (Trib. Roma 14 giugno 2016 n. 12029), fermo restando il diritto degli eredi di rivendicare la paternità dell’opera d’arte, ove erroneamente attribuita ad altri, o viceversa, di disconoscerne la provenienza (Trib. Roma, 16 febbraio 2010, n. 3425). Alla luce di tale indirizzo giurisprudenziale, l’autentica può essere, quindi, rilasciata anche da soggetti terzi come: fondazioni, gallerie d’arte e critici d’arte, così come spesso accade nella pratica. Con riferimento ai critici, si rileva che non esiste ancora alcun albo ufficiale dei consulenti tecnici in materia di opere d’arte.

L’incertezza non regna solo sul piano del diritto sostanziale, ma anche da un punto di vista processuale. Infatti, non è previsto alcun soggetto la cui certificazione d’autenticità costituisca prova incontestabile o privilegiata nel processo: neanche l’autentica da parte dell’artista. In ambito penale, ad esempio, è espressamente previsto che “nei casi di opere d’arte moderna e contemporanea il giudice è tenuto altresì ad assumere come testimone l’autore a cui l’opera d’arte sia attribuita o di cui l’opera stessa rechi la firma” (art. 9 della legge 1062 del 20 novembre 1071). L’artista assume, quindi, il mero ruolo di testimone nel processo e non ha l’ultima parola, come dimostrato nei celebri casi riguardanti le opere di De Chirico.

 

…agli “autenticatori ufficiali” riconosciuti dal mercato

 

Sebbene non vi siano limiti normativi ai soggetti legittimati a rilasciare l’autentica, tuttavia, il mercato spesso riconosce un solo soggetto quale “autenticatore ufficiale” per le opere di un determinato artista. Conseguentemente, l’autenticità di un’opera attestata da parte di soggetti diversi rispetto a quello riconosciuto dal mercato non possiede, nella sostanza, valore.

Si creano, pertanto, situazioni di monopolio di fatto in materia di autentica con l’ulteriore aggravio che, l’esperto riconosciuto dal mercato non sia onerato dall’obbligo a rendere il parere richiesto (in base al principio dell’autonomia negoziale, di cui la libertà di contrattare o meno costituisce specifica manifestazione).

Si verifica, poi, non di rado che l’esperto preferisca non rilasciare alcun parere, al fine di non incorrere in potenziali contenziosi.  In tal caso, il proprietario dell’opera non potrà ricorrere al giudice per ottenere un’autenticazione o un’archiviazione “coattiva” da parte del soggetto certificatore, mentre potrà piuttosto agire richiedendo l’accertamento dell’autenticità dell’opera.

Sempre più spesso poi la genuinità di un’opera si evince indirettamente, tramite l’archiviazione della stessa nel catalogo generale o ragionato dell’artista, che è solitamente redatto da parte di quest’ultimo o, più spesso, dai propri familiari con l’aiuto di storici dell’arte. Se si pensa, ad esempio, ad artisti come Boetti o Burri, l’inserimento dell’opera in catalogo costituisce già di per sé prova dell’autenticità delle opere.

In alcuni casi, poi, come nel caso di Pietro Manzoni, l’archivio dell’artista non rilascia alcun certificato di autentica, ma provvede solo all’archiviazione. Può, quindi, parlarsi in questi casi di una vera e propria “autentica da archiviazione”, sebbene anche per questa prassi di mercato sia assente qualsivoglia riferimento legislativo tipico. Un tema, anche questo, molto interessante a cui dedicheremo presto un articolo.

 

Certificato d’autentica: obbligo di consegna?

 

Nelle transazioni aventi ad oggetto le opere d’arte, il venditore ha l’obbligo di cedere un’opera autentica, costituendo la paternità dell’opera una caratteristica fondamentale dell’oggetto del contratto a fini della validità dell’accordo stesso.  Diversamente deve, invece, considerarsi l’obbligo di consegna del certificato d’autentica che, ove previsto, costituirebbe secondo la dottrina prevalente solo un obbligo precontrattuale per il venditore.

In passato era previsto un obbligo per i professionisti del mercato dell’arte di consegnare al compratore un attestato di autenticità, consistente in una copia fotografica dell’opera con dichiarazione di autenticità e provenienza sottoscritti dal venditore (art. 2 della legge 1062 del 20 novembre1971). Tale disposizione fu abrogata nel 2004 e attualmente l’art. 64 del Codice dei Beni Culturali (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, “CBC”) prevede che «chiunque esercita l’attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d’antichità o di interesse storico od archeologico o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti medesimi, ha l’obbligo di consegnare all’acquirente la documentazione che ne attesti l’autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza della opere medesime; ovvero, in mancanza, di rilasciare una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza».

Ai soli professionisti del mercato dell’arte è richiesto, quindi, di fornire agli acquirenti la documentazione attestante l’autenticità – ossia l’autentica – o almeno la provenienza oppure, in mancanza, una cosiddetta “dichiarazione di accreditamento” posta in essere dal venditore stesso contenente tutte le informazioni disponibili sull’autenticità, attribuzione o provenienza. Si noti che l’obbligo (art. 64 CBC) è previsto solo per alcuni tipi di opere d’arte pertanto, aderendo ad una interpretazione restrittiva di tale norma, non sussisterebbe invece per le tipologie d’arte non espressamente menzionate.  Sarebbe auspicabile, al riguardo, un intervento del legislatore che sani tale lacuna normativa, estendendo l’obbligo per tutti i tipi d’arte.

Se la disposizione che prevede l’obbligo per i professionisti del mercato dell’arte (art. 64 CBC) appare alquanto vaga per quanto concerne il tipo di documentazione da fornire, per le compravendite di opere d’arte tra privati non è previsto alcunché dall’ordinamento. Ciò premesso, è frequente sul mercato che le opere siano vendute tra privati senza la consegna di alcuna autentica da parte del venditore o che il professionista non fornisca l’autentica del soggetto legittimato dal mercato (fornendo invece altra documentazione) e che l’acquirente debba rivolgersi successivamente a quest’ultimo con tutte le problematiche del caso.

 

Il contenuto del certificato di autentica

 

In terzo luogo, la legge non dispone neanche quale debba essere il contenuto minimo del certificato d’autentica. La prassi creatasi sul mercato si è basata, in primo luogo, su quanto previsto dalla legislazione in materia di beni culturali che prescrive che la dichiarazione di autentica, ove possibile, sia apposta su copia fotografica delle opere medesime (art. 64 CBC).

La riproduzione fotografica dell’opera sul certificato d’autentica o sul catalogo generale può creare anche delle problematiche per quanto concerne il diritto d’autore. Infatti, tale riproduzione deve considerarsi legittima laddove non risulti effettuato a scopo di lucro e, quindi, purché sia effettuata con finalità meramente didattiche o divulgative (così come previsto dall’art. 70, co. 1 LdA).

Pertanto, in tutti i casi in cui il certificato d’autentica sia rilasciato dietro prestazione di un compenso – come spesso accade – la riproduzione fotografica dell’opera si considererà come effettuata a scopo commerciale e dovrà, quindi, essere autorizzata dal titolare dei diritti d’autore, al fine di non incorrere in eventuali violazioni autoriali.

Oltre alla riproduzione fotografica dell’opera, il certificato di autentica contiene la dichiarazione sottoscritta da parte del soggetto certificatore che si tratta di un’opera autentica di un determinato artista. Solitamente, poi, l’autentica contiene anche altre informazioni sull’opera: il nome dell’artista, il titolo, l’anno di realizzazione, le dimensioni, i materiali utilizzati, il numero di copie, la provenienza.

 

Qualche consiglio per il collezionista

 

È consigliabile che i collezionisti richiedano al venditore – privato o professionista – la consegna dell’autentica. Il mancato possesso di un’autentica comporta, infatti, il rischio per l’acquirente che l’opera sia soggetta a svalutazioni da un punto di vista artistico ed economico, con significative difficoltà in caso di eventuali vendite successive. Inoltre, l’opera non corredata da autentica potrebbe non ricevere alcuna richiesta di prestito o comodato a fini espositivi, che spesso contribuiscono alla valorizzazione dell’opera.

Occorre, tuttavia, rilevare come la consegna dell’autentica non metta totalmente al riparo dai rischi di possibili contestazioni successive. Infatti, spesso ad essere false non sono solo le opere, ma anche gli stessi certificati d’autentica oppure il soggetto riconosciuto dal mercato quale certificatore può cambiare. È opportuno, quindi, per i collezionisti non solo richiedere al venditore l’autentica, ma anche verificare se l’opera sia stata, ad esempio, archiviata o già esposta in mostre di rilievo scientifico

Ciò detto, appare auspicabile che il legislatore preveda dei criteri più precisi in merito ai soggetti legittimati al rilascio delle autentiche e al valore di tali certificati. È chiara l’esigenza del mercato dell’arte di uniformità nella regolamentazione della problematica dell’autentica delle opere d’arte, non solo a livello italiano ma anche internazionale. Probabilmente, la tecnologia e, in particolare, la blockchain potrà aiutare a creare maggiore certezza e trasparenza soprattutto per quanto concerne la provenienza, nonché l’autenticità di opere soprattutto realizzate da artisti viventi. (Leggi -> Blockchain e mercato dell’arte: opportunità e nuove sfide)

Per ora, il collezionista che si accorga di aver acquistato un’opera non autentica potrà rivolgersi al giudice civile contestando l’acquisto di aliud pro alio (letteralmente “qualcosa per qualcos’altro”) richiedendo la risoluzione del contratto, laddove la paternità dell’opera sia stata garantita o quanto meno dichiarata dal venditore.

Qualora l’autenticità dell’opera non sia stata oggetto di espressa garanzia da parte del venditore, l’acquirente potrà invocare l’errore o il dolo, richiedendo l’annullamento del contratto. Da un punto di vista penalistico, l’acquirente potrà sporgere querela contestando, ad esempio, una delle condotte previste dal reato di contraffazione di opere d’arte (art. 178 CBC), o dei delitti di truffa o di falso di scrittura privata.

 

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