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Come Pollock ha “sconfitto” il Comunismo

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Ritratto del gruppo degli artisti del moviemnto dell'Abstract Expressionist conosciuti anche come  ‘Gli Irascibili’ 1951. Prima fila: Theodore Stamos, Jimmy Ernst, Barnett Newman, James Brooks, and Mark Rothko; fila centrale: Richard Pousette-Dart, William Baziotes, Jackson Pollock, Clyfford Still, Robert Motherwell, e Bradley Walker Tomlin; ultima fila: Willem de Kooning, Adolph Gottlieb, Ad Reinhardt, and Hedda Sterne
Ritratto del gruppo degli artisti del moviemnto dell’Abstract Expressionist conosciuti anche come ‘Gli Irascibili’ 1951. Prima fila: Theodore Stamos, Jimmy Ernst, Barnett Newman, James Brooks, and Mark Rothko; fila centrale: Richard Pousette-Dart, William Baziotes, Jackson Pollock, Clyfford Still, Robert Motherwell, e Bradley Walker Tomlin; ultima fila: Willem de Kooning, Adolph Gottlieb, Ad Reinhardt, and Hedda Sterne

Volevano creare un’arte che fosse “plastica, misteriosa e sublime”; un linguaggio pittorico “privato” che, celebrando lo stato interiore, sfuggisse dall’elemento pubblico e dalla politica e che trovava nella pittura il suo medium per eccellenza. Furono utilizzati, a loro insaputa, dai servizi segreti americani come grimaldello culturale contro l’avanzata delle istanze socialiste nell’occidente del secondo dopoguerra. Sono Jackson Pollock,  Mark Rothko, Adolph Gottlieb, Robert Motherwell, Barnet Newmann, Willem de Kooning, Ad Reinhard e Clyfford Still, ossia i cosiddetti “essential eight” dell’Espressionismo Astratto,  “movimento” nato negli anni Quaranta negli Stati Uniti e il cui nome deriva dalla combinazione dell’intensità emotiva e della negazione di se stessi tipica dell’Espressionismo tedesco con l’estetica anti-figurativa della scuola astratta europea dal Futurismo, al  Bauhaus e al Cubismo Sintetico.

La storia che sto per raccontarvi ha tutti gli ingredienti di una spy-story di successo: un gruppo di agenti della CIA; un magnate dell’economia americana e grande mecenate, Nelson Rockfeller; un gruppo di artisti destinato a contribuire in modo sostanziale al passaggio del ruolo di capitale dell’arte da Parigi a New York e il cui linguaggio avrebbe presto dominato la cultura estetica occidentale: gli Espressionisti Astratti. E chissà cosa penserebbe Jackson Pollock, che quest’anno avrebbe compiuto cento anni, se fosse venuto a conoscenza di questa faccenda… ma cominciamo dall’inizio.

Correva l’anno 1947. Henry Truman è il 33° presidente degli Stati Uniti; la Guerra Fredda è appena iniziata e il 18 settembre diviene effettivo il National Security Act che dà vita, ufficialmente, alla Central Intelligence Agency (CIA). L’Agenzia, per contrastare il KGB, è dotata di una grande autonomia che gli permette di agire anche aggirando le normali regole e di usare i fondi federali con grande libertà. Il suo compito: difendere la libertà occidentale dalle tenebre del comunismo le cui istanze, in quegli anni, stavano seducendo anche un numero sempre maggiore di intellettuali ed artisti occidentali. E’ da questa consapevolezza che la cultura, nel senso più ampio del termine, viene inserita a tutti gli effetti tra le “armi” dell’arsenale della CIA che, poco dopo la sua fondazione, dà vita al Propaganda Assets Invetory che, all’apice della sua attività, influenzava oltre 800 tra quotidiani, riviste e organi di informazione pubblica.

Tom Braden
Tom Braden

Il passo successivo fu la creazione della International Organisation Division (IOD), messa in piedi da Tom Braden nel 1950 e i cui agenti furono infiltrati nell’industria cinematografica, nell’editoria e come scrittori di turismo per la tanto celebrata guida Fodor. E’ allo IOD di Braden che si deve il coinvolgimento inconsapevole del movimento d’avanguardia dell’Espressionismo Astratto nella politica culturale della CIA, meglio conosciuta come “long leash” (“guinzaglio lungo”) che guarderà al movimento legato a Pollock come ad un uno strumento per rivendicare la libertà culturale americana e rispedire al mittente l’accusa, mossa dall’Unione Sovietica agli Stati Uniti, di essere un deserto culturale.

Inizierà così, grazie anche all’appoggio del Museum of Modern Art (MoMA) di Nelson Rockfeller, una vera e propria campagna segreta di promozione dell’Espressionismo Astratto in cui la CIA, muovendosi come un mecenate rinascimentale, finanzierà sotto copertura mostre itineranti in tutto il mondo – da citare “The New American Painging” che toccherà le principali città europee tra il 1958 e il 1959 -; e sfrutterà le riviste di settore che rientrano nella sua sfera di influenza per dare sostegno critico alla nuova arte americana. Tutto ciò all’insaputa di tutti i coinvolti, come un grande burattinaio, anche se già all’inizio degli anni Settanta le voci su questo “complotto internazionale” giravano nell’ambiente dell’arte anche se sottoforma più di scherzo o di pettegolezzo che di reale rivelazione. Tanto che nel 1973 Max Kozloff, sul numero di maggio di Artforum riduceva a mera coincidenza la similitudine tra la “la retorica americana durante la Guerra Fredda” e il modo in cui molti appartenenti al movimento esprimevano il loro credo esistenzialista-individualista. Una lettura che, sempre su Artforum, Eva CockArtcroft condannerà nel 1974 come fallimentare, portando alla luce tutte le relazioni tra l’Espressionismo Astratto e la Guerra Fredda, analizzando i programmi internazionali del MoMA, l’istituzione culturale più influente dell’epoca. Basti pensare, d’altronde, che Tom Braden – il fondatore dello IOD – prima di entrare alla CIA era stato segretario esecutivo del Museo dal 1948 al 1949.

Da sinistra a destra: Robert Motherwell, Frank O'Hara, René d'Harnoncourt, Nelson Rockefeller all'inaugurazione della mostra di Robert Motherwell, curata nel 1965 da O’Hara.
Da sinistra a destra: Robert Motherwell, Frank O’Hara, René d’Harnoncourt, Nelson Rockefeller all’inaugurazione della mostra di Robert Motherwell, curata nel 1965 da O’Hara.

Quelle che, comunque, ancora negli anni Ottanta del secolo scorso potevano essere archiviate come semplici illazioni, sono oggi confermate dall’intervista rilasciata nel 1994 alla giornalista americana Frances Stonor Saunders dall’ex ufficiale della CIA Donald Jameson che dopo cinquant’anni ha deciso di rompere il silenzio sulla questione, confermando che l’Agenzia americana aveva visto nell’Espressionismo Astratto un’opportunità, lo stile adatto per le sue attività di propaganda antisovietica: fresco, creativo,  in netto contrasto con il Realismo Socialista.  Era lo stile perfetto per mostrare al mondo quando fosse aggiornata la scena culturale statunitense, perfettamente in grado di competere con Parigi. Un’opportunità resa ancor più allettante dal fatto che Pollock, come molti dei suoi compagni, si era lasciato alle spalle i suoi iniziali interessi per l’attivismo politico.

E’ così che le opere di Willem de Kooning  furono incluse nella collettiva statunitense alla Biennale di Venezia del 1948 a cui si affiancheranno dal 1950 quelle di Arshile Gorky e Jackson Pollock. Nel 1951 apre i battenti la Biennale di San Paolo e, da quel momento, ci saranno almeno tre Espressionisti Astratti per edizione a rappresentare gli Stati Uniti e gli artisti del gruppo saranno coinvolti in mostre internazionali in Venezuela, India e Giappone – tanto per fare degli esempi. Dal 1956, inoltre, il MoMA darà vita alla mostra itinerante “Modern Art in USA” che includeva i lavori di 12 Espressionisti Astratti e che dal 1956 toccherà otto città europee tra le quali Vienna e Belgrado. E nel 1958, sempre il MoMA, inaugurerà la più importante mostra mai dedicata alla pittura americana: The New American Painting che presentava anche un catalogo curato da Alfred H. Barr, direttore del Museo  dalla sua istituzione al 1944 e Art Advisor per Peggy Guggenheim che, sotto la sua guida, organizzerà per gli artisti del gruppo alcune delle loro più importati mostre personali. Il totale allineamento di Barr con la politica culturale dello IOD, d’altronde, era emerso in modo chiaro già nel 1952 quando, sul New York Time Magazine, scrisse un articolo dal titolo “L’arte moderna è Comunista?”, in cui condannava il Realismo Socialista della Germania Nazista e dell’Unione Sovietica, sostenendo che Realismo e Totalitarismo camminavano a braccetto e che, invece, l’arte astratta era vietata da Hitler e Stalin.

Afred H. Barr
Alfred H. Barr

«Per quanto riguarda l’Espressionismo Astratto, mi piace essere in grado di sostenere che l’ha inventato la CIA – scherza nella sua intervista-rivelazione Donald Jameson  – Ma credo che quello che faccemmo veramente fu di riconoscerne la differenza. L’Espressionismo Astratto era il tipo di arte che ci permetteva di far apparire il Realismo Socialista ancor più rigido di quando non fosse in realtà. E questo confronto fu fatto apertamente in alcune mostre. In un certo senso la nostra operazione fu aiutata da Mosca che in quei giorni era particolarmente dura nel denunciare ogni tipo di non conformità alle sue rigide regole». Per raggiungere il suo obiettivo, prosegue Jameson, la CIA doveva essere sicura che il suo patronato non fosse scoperto: «In questo modo non avremmo avuto domande scomode a cui dover rispondere, niente da chiarire a Pollock, per esempio, o la necessità di coinvolgere questi artisti nell’organizzazione. Non ci doveva essere nessuna vicinanza tra di noi, perché molti di loro erano persone che avevano veramente uno scarso rispetto per il Governo e, sicuramente, nessuno per la CIA». Confessioni, quelle di Jameson, confermate anche dallo stesso Tom Braden.

Il dipinto “No.1 (Royal Red and Blue)” di Mark Rothko venduto per oltre 74 milioni di dollari da Sotheby’s il 13 novembre scorso

Tornando al presente, nella notte del 13 novembre scorso, la saleroom di Sotheby’s è stata scossa da una nuova serie di record d’artista, guidati dalla straordinaria vendita di No.1 (Royal Red and Blue) di Mark Rothko che ha superato i 74 milioni di dollari, contro una stima massima pre-asta di 50 milioni; e di Number 4 di Jackson Pollock che, inserito in catalogo con un range di prezzo tra i 35 e 40 milioni, è stato venduto per 50 milioni di dollari. Cifre da capogiro che, alla luce di quando raccontato da Jameson e Braden, non possono altro che farci riflettere. La domanda che sorge spontanea è se l’Espressionismo Astratto avrebbe avuto la stessa importanza che ha oggi senza il patrocinio della CIA. Sicuramente sì ma, paradossalmente, da un certo punto di vista l’Espressionismo Astratto rappresentava, in origine, una via di fuga dal mercato.

Prima che fosse scoperto come  arma per la Guerra Fredda, infatti, i suoi maggiori rappresentanti non erano molto apprezzati dal mercato dell’arte anche per il semplice fatto che le loro opere avevano – a differenza di quelle dei loro predecessori europei – formati enormi che necessitavano di ambienti museali o di altri spazi pubblici che potevano essere resi disponibili solo nel ambito della politica culturale della Guerra Fredda. Oggi, invece, si trovano nelle hall delle principali banche americane, dei municipi cittadini, negli aeroporti e nelle più importanti gallerie internazionali e, da un anno, anche nella collezione di arte americana della Casa Bianca.

Senza nulla togliere al valore artistico dell’Espressionismo Astratto, la storia della sua affermazione credo sia indicativa di come per comprendere il perché del successo di un determinato movimento artistico in un particolare momento storico sia necessario analizzare anche le circostanze storiche e le necessità ideologiche dei potenti del periodo preso in esame. The Song Remains the Same cantavano all’inizio degli anni Settanta i Led Zeppelin… e dal Rinascimento ad oggi le cose non sembrano essere cambiate poi tanto: il mecenatismo continua a camminare mano nella mano con il potere ufficiale.

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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