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Napoli sceglie Frida. Al Pan una mostra celebra la grande artista messicana

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Ci sono artisti le cui opere rappresentano una sorta di racconto visivo della propria vita; una narrazione che, in alcuni casi, si dipana tra le pieghe di dolori e sofferenze indicibili, che solo l’arte riesce a lenire, seppur momentaneamente. È il caso della pittrice messicana Frida Kahlo (all’anagrafe Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón).

Nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán, un villaggio oltre la periferia di Città del Messico, è figlia di Carl Wilhelm Kahlo, uomo semplice, ebreo, amante della letteratura e della musica, pittore emigrato in Messico dall’Ungheria, e di Matilde Calderón y González, una benestante messicana di origini spagnole e amerinde.

Il mondo di Frida è meticolosamente riprodotto nell’esposizione dal titolo “Ojos que no ven corazón que no siente”, in corso presso il Pan di Napoli. Si tratta di una mostra evento che rivela uno sguardo intimo e privato sull’artista più conosciuta e amata del Messico.

Per la prima volta in Europa è esposta al pubblico una selezione unica, appassionante e rivelatrice di fotografie e lettere che si riferiscono a momenti conosciuti ed inediti della vita di Frida Kahlo, rappresentati da opere, lettere, scatti e riproduzioni fedeli dello studio e dell’universo della pittrice messicana.

Particolarmente emozionanti gli scatti del padre di Frida, bravissimo fotografo e sicuramente l’unico uomo che la amò dall’inizio alla fine dei suoi giorni, senza mai tradirla.

Pur di salute cagionevole a causa delle ricorrenti crisi epilettiche, Wilhelm diede tanta serenità alla figlia: «Grazie a mio padre, ebbi un’infanzia meravigliosa. Infatti, pur essendo molto malato, fu per me un magnifico modello di tenerezza, bravura e soprattutto di comprensione per tutti i miei problemi». La sofferenza, infatti, non risparmia neanche Frida.

 

Guillermo Kahlo, Ritratto di famiglia dei Kahlo Calderón. Frida vestita con un abito da uomo (al centro) con le sue sorelle Matilde e Cristina, sua cugina e su nipote Carlos Veraza. Coyoacán, Messico, 7 febbraio 1926

A 6 anni, la bambina si ammala di poliomelite: piede e gamba destra rimangono deformi, portando Frida a nasconderli con lunghe gonne. Se, però, da piccola viene soprannominata dai suoi coetanei “Frida pata de palo” (‘gamba di legno’), quando diventa grande è ammirata per il suo aspetto esotico.

Ma sarà un terribile incidente, che la coinvolge all’età di 18 anni, a cambiare il suo destino, che fa svanire definitivamente il suo sogno di diventare medico e che darà vita alla straordinaria produzione artistica che oggi abbiamo la fortuna di ammirare, e che la mostra in corso nel settecentesco Palazzo Roccella ha il merito di valorizzare.

Il 17 settembre 1925, l’autobus diretto a Coyoacán, su cui Frida Kahlo era salita con il suo ragazzo, Alejandro Gomez, per tornare a casa dopo la scuola, si scontra con un tram. Frida rimane tra le aste metalliche del tram ed in seguito a quel violento impatto subisce 32 interventi chirurgici, ma, ogni volta, come un’araba fenice, rinasce dalle proprie ceneri e ritorna a dipingere, anche a letto, dopo le dimissioni dall’ospedale.

Sempre con il prezioso aiuto del papà, che non le farà mai mancare il suo supporto. «Da molti anni mio padre teneva…una scatola di colori a olio, un paio di pennelli in un vecchio bicchiere e una tavolozza.. nel periodo in cui dovetti rimanere a lungo a letto approfittai dell’occasione e chiesi a mio padre di darmela…Mia madre fece preparare un cavalletto, da applicare al mio letto, perché il busto di gesso non mi permetteva di stare dritta. Così cominciai a dipingere il mio primo quadro».

 

Gli abiti di Frida Kahlo in mostra al Pan di Napoli

La madre di Frida, Matilde, trasforma poi il letto della figlia in un letto a baldacchino e ci monta sopra un enorme specchio, in modo che Frida, immobilizzata, possa almeno vedersi.

Così nascono quei 55 autoritratti straordinari, che riproducono meticolosamente i tratti del suo volto e della sua personalità forte ed austera: «Dipingo me stessa perché trascorro molto tempo da sola e perché sono il soggetto che conosco meglio».

Ma fu l’incontro col pittore messicano Diego Rivera, nel 1922, a segnare una vita già lacerata:«Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo fu quando un tram mi mise al tappeto, l’altro fu Diego». Sette anni dopo, nel 1929, si sposarono.

La loro storia è passata agli annali per il reciproco scambio artistico, l’intensità e le numerose bizzarrie di entrambi. Frida Kahlo e Diego Riveva convolarono a nozze due volte. Nel 1939 la donna lo lasciò dopo aver scoperto l’ennesima sua infedeltà: Diego l’aveva tradita con sua sorella Cristina. Un anno dopo si risposavano però a San Francisco, ma il loro rapporto continuò ad essere contraddistinto da tradimenti reciproci.

 

Frida Kahlo assieme al marito Diego Rivera

L’esposizione in corso nel capoluogo partenopeo è corredata da suggestive esperienze multisensoriali, come l’audio originale della voce di Frida e la proiezione video di alcune tra le sue citazioni più famose. Essa presenta la vita di Frida Kahlo, evidenziando la forte capacità di reazione e resilienza di fronte alle avversità.

Il percorso indaga tutte le fasi della vita dell’artista: l’infanzia, seguita dalla giovinezza dove manifesta la sua ribellione vestendosi con abiti da uomo, l’incontro con l’amore della sua vita – Diego Rivera – fino alla sua sfortunata morte.

È proprio sul rapporto con Diego che si concentra il documentario di Sky Arte – media partner dell’esposizione – dal titolo “Artists in Love”.

«Tanto assurdo e fugace è il nostro passaggio per il mondo, che mi rasserena soltanto il sapere che sono stata autentica, che sono riuscita ad essere quanto di più somigliante a me stessa mi è stato concesso di essere».

Frida Kahlo morì di embolia polmonare a 47 anni, il 13 luglio 1954. Fu cremata e le sue ceneri sono conservate nella sua Casa Azul, oggi sede del Museo Frida Kahlo.

Queste le ultime parole che scrisse nel suo diario personale: «Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più». In realtà, non è mai andata via: lo testimoniano le sue opere e la loro potenza espressiva, che rimane immutata nei secoli.

Teresa Lanna
Teresa Lanna
Laureata in “Lingue e Letterature Straniere” presso l’Università degli Studi di Cassino, con una tesi in “Racconto Audiovisivo”, nel 2010 consegue la Laurea Magistrale in “Produzione Multimediale: Arte Teatro e Cinema” presso l’Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Tra le sue più grandi passioni: l’arte, la fotografia, il cinema, la letteratura, la musica e la poesia. Il suo nome d’arte (“LanTerna”), oltre ad essere una sorta di sintesi tra nome e cognome, è anche il riflesso di una delle sue frasi-guida: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. (Sal 118[119], v. 105).

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