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Il punto di vista degli operatori sulle misure per il sostegno alla cultura: intervista ad Umberto Croppi

del

Il decreto legge n.18 del 17 marzo 2020 ha introdotto alcune misure a sostegno di famiglie, lavoratori e imprese per contrastare gli effetti dell’emergenza coronavirus sull’economia (c.d. decreto “cura Italia”).

Tra le misure contenute vi sono delle disposizioni per sostenere l’industria culturale, creativa e il turismo, uno dei principali motori del Paese. Le agevolazioni riguardano la tutela dei lavoratori, l’istituzione di un fondo emergenza per lo spettacolo e cinema nonché la possibilità di utilizzare i voucher già per il rimborso di biglietti per spettacoli, cinema, teatri, musei e altri luoghi della cultura.

Per comprendere il punto di vista degli operatori abbiamo fatto qualche domanda ad Umberto Croppi, Presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma e Direttore di Federculture, la Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero.

Qui sotto trovate l’intervista. Le risposte contengono importanti spunti su come aiutare il sistema culturale sia nella fase di emergenza che nella successiva riapertura. Ringraziando il direttore Croppi per la sua disponibilità e la qualità delle risposte, vi lascio alla lettura.

Andrea Savino: Direttore, come giudicate le misure adottate dal Governo per sostenere il settore culturale?

Umberto Croppi: «La risposta è purtroppo semplice: non ve ne sono. O meglio vi sono alcune misure generali che hanno una ricaduta anche su aziende del settore culturale, come la cassa integrazione in deroga, e qualche intervento sullo spettacolo e il cinema, ma alle imprese o agli operatori della cultura non vi è nessun riferimento, neanche di tipo lessicale».

A.S. Quali sono le vostre proposte per il Governo per aiutare il settore culturale?

U.C.: «Anche in questo caso si potrebbe rispondere in maniera semplice: fare come sta facendo il governo tedesco, che immette nel settore della cultura cinquanta miliardi (lo scrivo a lettere perché non ci sia confusione) di euro a fondo perduto.

Ma siccome siamo in Italia una tale risposta più che semplice sarebbe interpretata come semplicistica o, addirittura, folle.

Quindi, senza scendere nel dettaglio di proposte e emendamenti che abbiamo formulato nelle sedi tecniche e politiche, mi limito ad indicare le direzioni in cui il legislatore dovrebbe muoversi, con un primo blocco di misure che riguardino il contenimento del danno in piena e emergenza e un secondo che serva ad accompagnare la ripartenza.

Dunque la prima cosa è facilitare l’accesso al credito agevolato per consentire alle aziende di disporre della liquidità necessaria a far fronte alle scadenze indilazionabili. Su questo abbiamo lanciato una raccolta di firme, che ha raggiunto già le 3.000 sottoscrizioni e che ha visto l’adesione di tutti i rappresentanti delle istituzioni e delle aziende della cultura.

Con riferimento alle tematiche fiscali, proponiamo l’estensione dell’Art Bonus (deducibilità fiscale del 65% per i donatori), che ora è previsto solo a beneficio degli enti lirici e musicali e alla gestione di beni culturali pubblici, a tutti i soggetti che producono eventi e cultura e a quelli che gestiscono beni culturali comunque di pubblica fruizione, anche se non di proprietà dello Stato.

In merito alle azioni sul lato dell’offerta, occorre consentire a tutti i cittadini di beneficiare delle detrazioni per le spese culturali ad esempio sugli acquisti di libri, biglietti per musei e spettacoli».

A.S.: Lo sblocco dei pagamenti della PA potrebbe dare la liquidità necessaria per il settore culturale?

U.C.: «Questa misura dovrebbe essere adottata a prescindere: è assurdo che chi ha lavorato, anticipando anche spese, debba rischiare il fallimento per le insolvenze per la pubblica amministrazione.

Comunque si, aiuterebbe ma sarebbe tutt’altro che risolutiva, darebbe una tardiva boccata d’ossigeno ad alcune aziende, quello che serve sono interventi che valgano per tutti».

A.S.: Tra le varie proposte vi è anche l’istituzione di Zone franche della Cultura, potrebbe spiegare in che cosa consisterebbero e con quali vantaggi?

U.C.: «È una idea che era stata lanciata per aree particolarmente disagiate, per bilanciare danni economici e ambientali prodotti da scelte economiche sbagliate. Quella di individuare territori particolarmente fragili o penalizzati in cui favorire uno sviluppo a base culturale attraverso radicali agevolazioni fiscali può essere una delle risposte all’aggravamento della crisi dovuto all’attuale congiuntura».

A.S.: Per concludere, come giudica la proposta del Ministro Franceschini riguardo la creazione di una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana a pagamento, una sorta di Netflix della cultura?

U.C.: «È una idea suggestiva. Non so bene cosa abbia in mente il ministro, probabilmente fonda le sue dichiarazioni su un progetto cui sta lavorando. Comunque è giusto pensare a soluzioni per il domani che tengano conto delle trasformazioni maturate in questo difficile passaggio. Naturalmente dopo aver messo in sicurezza le aziende della cultura e della creatività».

Andrea Savino
Andrea Savino
Andrea Savino (n.1991) è un dottore commercialista e revisore legale di Torino specializzato in diritto e fiscalità internazionale. Membro della commissione economia della cultura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, già presidente della commissione cultura dell'Unione Nazionale Giovani Dottori commercialisti, nonché membro della Commissione Internazionalizzazione e Fiscalità Internazionale dell’UNGDCEC - Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti e ricercatore dell’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE).
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