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Diario Veneziano #3- Dalla Turchia alla Finlandia: 10 padiglioni da non perdere

del

Venezia, ultime ore di anteprima e domani la Biennale 2017 aprirà ufficialmente al pubblico. 86 le parteciapazioni nazionali di quest’anno di cui 54 suddivise tra Arsenale e Giardini e 32 nel centro storico della città: dalla Giudecca a Cannaregio. Veder e tutto, se non si hanno almeno 3 o 4 giorni a disposizione, è un’impresa praticamente impossibile. E, a dire il vero, non tutti meritano il vostro tempo. Dopo la nostra visita alla mostra principale della 57. Esposizione Internazionale d’Arte e al Padiglione Italia – tappe obbligate se venite alla Biennale – abbiamo provato a tracciare, per voi, un itinerario tra i padiglioni che ci sono sembrati più interessanti, partendo dall’Arsenale – dove vi trovarete se avete appena visto quello italiano – per tornare ai Giardini.

Tappa #1 – Padiglione della Turchia

Una vista del Padiglione della Turchia alla Biennale di Venezia 2017.
Una vista del Padiglione della Turchia alla Biennale di Venezia 2017.

Lasciato alle spalle il Padiglione italiano è il momento di dedicarsi alle altre partecipazioni nazionali. Tornate dunque a ritroso verso l’uscita dell’Arsenale, vino a raggiungere la Sala d’Armi. Qui sono raccolti 10 piccoli padiglioni. Di questi, il più interessante è certamente il Padiglione turco che presenta ÇIN, il nuovo lavoro dell’artista Cevdet Erek. Si tratta di un progetto site-specific che utilizza architettura e suono per esplorare immaginazioni poetiche e politiche. Il titolo, ÇIN, è una parola onomatopeica turca che imita un suono percussivo. Lo stesso che risuona per tutto l’ambiente e ci attira nella parte alta della struttura lignea che compone la parte cetrale di questo progetto. Da lì lo spazio si compone di percorsi: quelli che portono alla piattaforma dove siamo noi e quelli di passaggio, tra un padiglione e l’altro. Un punto di transito, ma voltandoci il nostro sguardo si imbatte in una barriera, una rete perimetrale, un limite invalicabile che impedisce di scedere dalla rampa di scale che potrebbe portarci all’uscita. L’unica soluzione è tornare indietro oppure sfidare quel limite con tutte le sue contraddizioni.

Tappa #2 – Padiglione di Singapore

Una vista del Padiglione della Turchia alla Biennale di Venezia 2017.
Il Padiglione di Singapore, nella Sala d’Armi dell’Arsenale alla Biennale di Venezia 2017

Dapunta Hyang. Trasmissione del sapere. E’ questo il titolo del progetto che l’artista multidisciplinare Zai Kuning ha portato a Venezia per il padiglione di Singapore. Un lavoro, quello di Zai, che ci porta a scoprire le storie dimenticate degli uomini del mare e, nello specifico, quella del re malese Dapunta Hyang – la cui figura è stata quasi completamente dimenticata – e del suo viaggio nel regno di Srivijava. Una metafora, rappresentata da un’enorme imbarcazione di 17 metri realizzata in corta e cera d’api, della fragilità delle tradizioni antiche e con loro della nostra memoria e storia.

Tappa #3 – Padiglione del Messico

Una vista del Padiglione del Messico all'Arsenale
Una vista del Padiglione del Messico all’Arsenale

Lasciato il padiglione di Singapore, si scendono le scale per raggiungere il piano terra della Sala d’Arme dell’Arsenale. Qui si trova il Padiglione del Messico dove l’arista Carol Amorales presenta l’opera Life in the Folds con la quale venieamo introdotti in un mondo in cui stampa, scultura, musica e cinema si fondono per dar vita e forma ad un nuovo modo di guardare alla realtà che materializza il pensiero critico. Una riflessione sul linguaggio, la codificazione e il ruolo stesso dell’arte nella nostra società.

Tappa #4 – Padiglione del Giappone

Il Padiglione del Giappone alla 57. Biennale di Venezia
Il Padiglione del Giappone alla 57. Biennale di Venezia

Lasciato l’Arsenale è il momento di dirigersi verso i Giardini. Qui, una volta entrati, proseguite sulla destra. Passati i primi padiglioni, sulla destra incontrerete quello del Giappone, quarta tappa del nostro itinerario. La tentazione sarà quella di mettersi in coda, ma leggete bene i cartelli: l’ingresso principale è appena svoltato l’angolo e lì il “traffico” scorre decisamente meglio. Cuore del padiglione nipponico è Turned Upside Down, It’s a Forest, serie di nuovi lavori tridimensionali dell’artista Takahiro Iwasaki, realizzati con oggetti di uso comune come asciugamani, libri e rifiuti tossici. Un grande allestimento che, visto nel suo insieme, non solo getta luce sulle sfide e le situazioni con cui si deve confrontare oggi il Giappone rurale (ma non solo), ma anche sul particolare rapporto tra la cultura giapponese e l’elemento naturale. Ah, se volete vedere il tutto verametne da un punto di vista capovolto (come recita il titolo), tornate dove avete visto la coda all’inizio… da lì potrete infilare la vostar testa nell’installazione centrale… e vedere la foresta!

Tappa #5 – Padiglione della Germania

Usciti dal padiglione del Giappone ecco quello della Germania con, ad accogliervi, due doberman messi lì di guardia dientro il recito che circonda il padiglione. E’ la prima parte del progetto che Anne Imhof ha realizzato per la partecipazione tedesca alla 57. Biennale. Un progetto inedito in cui la dimensione performativa si mescola con quella scultorea e pittorica; il tutto ritmato dai movimenti della coreografia che regola l’opera e che segue tutto il padiglione. Un lavoro che coinvolge immediatamente. L’ambientazione sembra quella di un centro finanziario, che tutto controlla e dove tutto è controllato, ma allo stesso tempo è anche un mondo “virtuale” fatto di vessazioni o semplice voyerismo. Con lo sguardo vi troverete a seguire quei corpi che si muovono sotto il pavimento di cristallo. E il senso di questo lavoro potentissimo vi apparirà chiaro nella mente… non aggiungo altro, perché è in questa epifania che sta tutto l’effetto sconvolgente di Faust. Un unico consiglio: lasciatevi coinvolgere.

Tappa #6 – Padiglione della Francia

Una performance musicale all'interno del Padiglione francese
Una performance musicale all’interno del Padiglione francese

Pronti ad entrare in Studio Venezia? La partecipazione della Francia a questa Biennale è tutta puntata sulla creatività a 360° con il padiglione nazionale che è stato letteralmente trasformato in uno studio di registrazione in cui, ad intervalli regolari, si esibiscono musicisti professionisti. Completamente reinventato da Xavier Veilhan, il Padiglione della Francia si presenta così come una enorme scultura aperta, una gigantesca installazione in cui musica e arti visuali si fondono. Le pareti, i pavimenti e i soffitti collidono dando vita ad un paesaggio di legno e mattoni che richiama alla mente i Merzbau di Kurt Schwitter o le sperimentazioni del Bauhaus.

Tappa #7 – Padiglione U.S.A.

Dopo quelli dell’Italia e della Germania, il padiglione statunitense è, con molta probabilità, uno dei più belli di questa Biennale. Protagonista qui è Mark Bradford con il suo progetto Tomorrow is another day. Una installazione che attarversa i vari ambienti dell’edificio, seguendo una narrazione che rispecchia sia il suo percorso di artista che quello degli Stati Uniti. E non a caso, l’ingresso è dalla porta di servizio, che ci immette in una prima stanza dove un grande intervento ambientale ci costringe a camminare lungo le pareti, sul perimentro, alludendo al crollo del baricentro sociale che caratterizza la nostra epoca, dove sempre più persone si trovano costrette ai margini. Si apre così la seconda sala, in cui tutto si fa ovattato, liquido per poi trasportarci tra quelle che sembrano le rovine di antichi ruderi. Fino ad arrivare alle grandi astrazioni materiche della quarta stanza in cui sembrano riecheggiare le domande fondamentali dell’umanità e che apre a quel domani che, come recita il titolo, è un altro giorno. E Melvin si allontana, così, nelle scene di Niagara, video del 2005 che chiude il percorso espositivo. Un finale che riaccende la luce sull’impegno sociale dell’artista americano che sottolinea, come scrive Zadie Smith nel catalogo, che tutte le vite nere contanto, incluse quelle delle donne nere e degli omosessuali neri, ponendo l’attenzione sul popolo degli emarginati e invitando a resistere, a riflettere, a reagire.

Tappa #8 – Padiglione dell’Egitto

Una vista della proiezione di The Mountain, il progetto di Moataz Nasr per il Padiglione egiziano.
Una vista della proiezione di The Mountain, il progetto di Moataz Nasr per il Padiglione egiziano.

Attravesato il ponticello alle spalle del Padiglione dell’Ungheria ci spostiamo al di là di un piccolo canale dove si trova un altro groppo di Padiglioni. Tra questi uno dei più interessanti è certamente quello dell’Egitto che presenta The Mountain, video multicanale con cui Moataz Nasr ci narra la storia di un piccolo villaggio egiziano e di una bambina che scappa da esso e dai suoi demoni. Un invito ad esplorare la paura che, tra le tante condizioni umane, è forse quella meno conosciuta tra i nostri istinti personali. Ma che, oggi più che mai, gioca un ruolo fondamentale nella nostra vita e nel mondo in cui viviamo. A partire dalle relazioni interpersonali alle notre opinioni, negandici di vivere la nostra vita a pieno.

Tappa #9 – Padiglione Austria

Il contributo di Erwin Wurm per il padiglione austriaco è decisamente particolare e pone l’accento su come sia mutata l’esperienza spaziale della scultura nel tempo. Dall’arte classica all’opeca delle macchine e dei media. Il risultato è un’arte spaziale vera e propria in cui lo spettatore è chiamato ad esprire direttamente le condizioni di mobilità e immobilità che sengnano il passo tra un prima e un dopo in sculturae, più in generale l nostro modo di vivere lo spazio. Nascono così le sua One Minute Sculpture, sculture comportamentali dove i visitatori devo seguire specifiche istruzioni per “viverle” ed esserne partecipi. Il tutto documentato con scatti fotografici, guidandoci verso una triplice esperienza spaziale: corporea, meccanica e mediale. In altre parole lo “spazio” nell’epoca dei selfie e dei sistemi di messaggistica istantanea, in cui la distanza si riduce, ammiriamo eventi a cui non siamo presenti e lo spazio, quello che ci circonda, appare come lacerato, bucherellato, in bilico tra barrera limitante e ambiente illimitato.

Tappa #10 – Padiglione della Finlandia

Grand finale, come merita ogni visita, con The Aalto Natives, l’installazone di Nathaniel Mellors e Erkka Nissinen per il padiglione della Finlandia. Irriverente e acuto, come solo la comicità può essere, questo lavoro, che unisce video e sculture animatroniche, trasforma lo spazio espositivo in un ambiente coinvolgenten cui i var personaggi inscenano un divertente dibattito su tematiche contemporanee come la moralità, la comunicazione o il potere. Il tutto partendo da quelli che sono gli stereotipi tipici a cui viene collegata la Finlandia. Un’opera tutta da vedere!

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.
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