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Art Basel riapre: più intima e più autentica

del

Dopo 18 mesi di lunga attesa Art Basel ha finalmente riaperto le porte al pubblico internazionale, offrendo una fiera più intima, forse più timida, ma sicuramente più autentica.

Come previsto, il numero di visitatori nei giorni di preview è stato numeroso ma sicuramente inferiore rispetto agli anni passati. Un pubblico ridotto ma non meno entusiasta, anzi: a detta di molti questo ha contribuito a creare un’atmosfera distesa, permettendo di vivere con tranquillità i momenti di dialogo con amici e colleghi che non si incontravano da più di un anno.

Fatta eccezione per le fiere più piccole come Art-O-rama e vienna contemporary, dunque, Art Basel apre le danze della attesissima stagione fieristica autunnale offrendo uno spaccato sincero dello scenario post-pandemia e lasciando intravedere anche le cicatrici che questi tempi duri hanno lasciato.

 

Una vista di Art Basel 2021

Passeggiando tra gli stand si nota infatti una selezione di alta qualità, ma talvolta l’impressione è che alcune gallerie non abbiano voluto osare. In alcuni stand sembra quasi di avere un déjà-vu dagli anni passati: molti galleristi vanno sul sicuro esponendo gli artisti di punta della scuderia con opere recenti ma spesso non inedite.

Così da Koenig troviamo José Davila, Alicja Kwade, Katharina Grosse, Claudia Comte, Tray Abdella, poi sono molto presenti in diversi stand Lygia Pape, Lee Ufan, Dahn Vo, Ai Wei Wei, Ugo Rondinone.

Certamente entusiasti per la ripartenza della stagione, i galleristi si sono detti però anche intimoriti dalle tante incertezze che avvolgevano la riapertura di Art Basel.

E’ evidente che i grandi assenti sono i collezionisti americani: molti hanno cancellato la partenza all’ultimo minuto e questo ha aggiunto una componente di insicurezza.

 

Una vista di Art Basel 2021

Tuttavia, forse proprio l’assenza della grande calca d’oltreoceano ha contribuito a creare un’atmosfera più rilassata. E si tratta di un vuoto che a quanto pare non è stato difficile colmare, considerate le ottime vendite avvenute fin dalle prime ore di lunedì, con una preview affollatissima.

Gladstone ha venduto un Keith Haring a $ 5,2 milioni, Hauser & Wirth un Philip Guston per $ 6,5 milioni, Massimo Minini ha venduto due opere il primo giorno e Campoli Presti ben quattro già in preview.

In generale, a detta di alcuni galleristi italiani, c’è soprattutto voglia di dialogare, di incontrarsi. Forse anche questi elementi hanno aiutato le vendite.

 

Una vista dei lavori di Monica Bonvicini nello stand della Galleria Raffaella Cortese

I 270 stand dei due piani della Messe Basel quest’anno sembravano quasi troppi: non siamo più abituati alle grandi distanze, ai grandi numeri. Un collezionista accasciato al bar della piazza centrale ha scherzato confessando di essersi arreso già al primo piano.

Una considerazione che fa sorridere, ma anche riflettere sul fatto che probabilmente i tempi sono cambiati e si dovrebbe forse mettere in questione il tradizionale formato fieristico, sia nei numeri che nel design dei percorsi.

Le gallerie italiane (quest’anno venti) si sono distinte per presentazioni elegantissime, come ad esempio Raffaella Cortese, con uno stand al femminile: una potente parete con la serie “Hurricanes and Other Catastrophes” di Monica Bonvicini, e poi Yael Bartana, Simone Forti, Joan Jonas, Jessica Stockholder.

Lia Rumma ha uno stand chiuso da una vetrina, un acquario meditativo di capolavori da osservare a distanza: Marina Abramovic,Vanessa Beecroft, Gino De Dominicis, Pistoletto, Spalletti – che troviamo anche ad Unlimited – e tanti altri grandi nomi che ben dialogano in questo display certamente originale, che ricorda le tante barriere protettive con cui ci siamo dovuti confrontare nell’ultimo anno e mezzo.

Nello stand di Campoli Presti colpiscono i nuovi lavori di Heike-Karin Föll e la serie del 2021 di Cheyney Thompson.

 

Lo stand della Galleria Lia Rumma ad Art Basel 2021

Questo è certamente un aspetto da sottolineare, ossia la presenza di svariati lavori del 2020 e 2021, a evidenziare un anno di intensa produzione da parte degli artisti, in risposta alle mancate occasioni di esposizione.

Kaufmann Repetto ha proposto uno stand familiare e denso, con opere di Andrea Bowers, Latifa Echakhch, Simone Fattal, Katherine Bradford, e una delicatissima presentazione di Pae White. Lo stand di Massimo Minini è un trionfo di colori e di equilibrio formale tra Peter Halley, Carla Accardi, Ettore Spalletti, Alberto Garutti.

I mid-careers certamente vivono un ottimo momento ad Art Basel: Alicja Kwade e Camille Henrot da Kamel Mennour hanno venduto già in preview. Julian Charrière cattura l’attenzione con tre opere note ma sempre attuali allo stand di Sies+Hoke, e ancora la giovanissima Bunny Rogers, da Societé Berlin, che avevamo visto a Basel Unlimited nel 2019, e Korakrit Arunanondchai con le sue fiamme lisergiche e ammalianti.

Troviamo incantevoli installazioni dei nostri Luca Francesconi (Pedro Cera), Francesco Arena e Giorgio Andreotta Calò (Sprovieri) che ci ricordano come il mondo della natura oggi sia in assoluto tra i temi più esplorati tra i giovani artisti contemporanei.

 

Le opere di Giorgio Andreotta Calò da Sprovieri

In generale la pittura è protagonista e certamente è quella formale a farla da padrone. Ad esempio, colpiscono i dipinti di Paula Rego da Victoria Mirò, colorate scene familiari dai toni espressionisti, o le tele delicatissime e dettagliate, quasi settecentesche, di Hilary Harkness da PPOW, o ancora le figure liquide, oniriche di Ambera Wellmann da Kraupa-Tuskany Zeidler.

Tuttavia alcune (non molte) gallerie hanno saputo costruire un dialogo potente con altri media, come ad esempio Mother’s Tank Station, che è certamente tra gli stand più accattivanti della fiera.

Le scene di vita quotidiana – una pittura intimista e dai tratti cartoonistici – di Matt Bollinger, e i vivaci dipinti di Atsushi Kaga che ricordano illustrazioni per l’infanzia, dialogano con la sempre straordinaria installazione di Yuri Pattison {sun}set, provisioning, un’immagine digitale della superficie del mare i cui movimenti e colori vengono alterati in base ai dati ricevuti in tempo reale sull’inquinamento dell’aria.

The Crypto Kiosk da Nagel Draxler Berlin

E a proposito di nuove tecnologie, è senz’altro da segnalare la scelta di Nagel-Draxler Berlin di creare uno stand all’interno dello stand dedicato agli NFT: il “crypto kiosk” è un piccolo tempio dedicato a questa nuova forma d’arte che, a quanto pare, si sta facendo strada anche nelle fiere: troviamo i lavori di quei nomi che ormai da mesi colleghiamo alla crypto arte, come la giovane e promettente Olive Allen, Kenny Schachter, Osinachi, Sarah Friend e l’italiano Dotpigeon.

I galleristi dichiarano che la curiosità da parte del pubblico è tanta, ma c’è ancora timidezza negli acquisti.

Night di Maurizio Cattelan da Massimodecarlo

Poi c’è Maurizio Cattelan, che dissemina i suoi piccioni e le sue nuove opere tra gli stand di MASSIMODECARLO, Marian Goodman Gallery e Perrotin.

Si tratta di una mostra a episodi dentro la fiera, una tagliente analisi della società post-covid, post-Trump, post-BLM, in pieno stile Cattelan. Il lavoro “Night”, ad esempio, mette in discussione il sogno americano contemporaneo, distruggendo, con fori di proiettile, una bandiera degli U.S.A. completamente nera.

Per fortuna ci sono anche lavori che offrono un angolo di serenità, come la meravigliosa tela materica di Miguel Barcelò da Thaddaeus Ropac: un mare agitato dove una barca bianca si stacca letteralmente dalla tela. Da Thaddaeus Ropac troviamo anche un emozionante e nuovissimo Georg Baselitz del 2021.

Passeggiando incontriamo collezionisti italiani come Francesco Taurisano, la formazione di Underdog Collection al completo, Lorenzo Perini Natali e Aldo Colella insieme alla amica collezionista di Los Angeles Laurie Ziegler.

 

Bunny Rogers da Societé Berlin

Proprio Colella si dice molto entusiasta della fiera, che ha trovato di ottima qualità e piacevole soprattutto per la possibilità di rivedere gli amici collezionisti, alcuni anche dagli U.S.A.

Racconta che i primi giorni di preview sono stati molto affollati, mentre poi il pubblico è un po’ scemato, informazione ribadita da diversi galleristi che però hanno sottolineato la qualità delle vendite.

Per il nostro compatriota una delle gemme della fiera è stato certamente lo stand di Lorcan O’ Neill, che presentava una selezione di pezzi storici di Giorgio Griffa (dai primi anni Sessanta), tracciando la sua transizione dalle tele tese a quelle lasciate stropicciate.

Infine, quest’anno anche la sezione Statements, quella dedicata alle gallerie emergenti con solo presentations di artisti giovani, regala alcune gemme: Emalin di London presenta Evgeny Antufiev, con delle sculture a metà tra il reperto archeologico e formazioni minerali; Bureau di New York propone le foto e i video dai tratti onirici di Diane Severin Nguyen, realizzati durante la pandemia.

Mentre Queer Thoughts di New York espone le installazioni di Diamond Stingily, che con oggetti comuni e semplici, come porte e mazze da baseball, esplora le complessità del quotidiano in stile minimalista (e la ritroviamo da Isabella Bortolozzi). Lars Friedrich di Berlino presenta le sculture in pelle, con forme animali e vegetali, di Min Yoon.

 

Unlimited

Quest’anno Unlimited, curata da Giovanni Carmine, sembra tutt’altro che illimitata. Se già negli ultimi anni la tendenza sembrava quella di proporre opere di dimensioni normali, quest’anno più che mai lo spazio è stato utilizzato al di sotto del suo potenziale, e la proposta appare debole: molti lavori storicizzati, certamente di qualità (Clemente, Boetti, Rauschenberg, Gilbert&George, Luciano Fabro) ma ci si domanda se è questo il contesto giusto per presentarli.

Forse gli unici lavori che davvero sfruttano la potenzialità di Unlimited sono l’installazione cinetica Die Mimik der Thetys di Julius von Bismarck, presentata due anni fa al Palais de Tokyo, e data-verse3 di Ryoji Ikeda, già vista alla Biennale di Venezia nel 2019.

Julius von Bismarck (Sies+Hoke e Alexander Levy) ha posizionato un accelerometro su una boa in mezzo all’oceano, che trasmette dati sul suo movimento in tempo reale alla sua gemella installata a Unlimited. Sopra le nostre teste quindi oscilla una enorme boa rossa che riproduce i movimenti esatti di quella nell’oceano, portandoci fuori da Basel, dentro le oscillazioni dell’acqua. 

 

Una vista di Unlimited ad Art Basel 2021

data-verse3 di Ikeda è un’analisi acrobatica dentro gli angoli della nostra percezione: le sue tecnologie traducono una quantità immensa di dati in un set di immagini in un continuo movimento ipnotico, con un’estetica digital ed estremamente poetica che porta lo spettatore dentro un viaggio sensoriale e ultra-umano.

Tra i tanti dipinti di dimensioni oversize, cattura l’attenzione Hugo McCloud con The Burden of Man: waiting to breathe (2021) un dipinto a metà tra astrazione e figurazione, dai toni pastello, che con la sua teoria di bombole ad ossigeno ci riporta alle angosce vissute durante la pandemia. Unlimited però deve decisamente osare di più, o forse semplicemente cambiare nome, perchè di progetti che sfidano davvero il “fuori-scala” se ne vedono ormai pochi negli ultimi anni.

 

LISTE: la gemma delle collaterali

Liste quest’anno ha ottenuto un grande successo forse grazie alla nuova sede, il centro fieristico proprio a Messe Basel e quindi a due minuti dalla fiera principale. La disposizione degli stand è circolare, quindi semplice da navigare, con una “piazza” centrale che ospita sculture di grande formato e permette incontri rilassati, proprio come in una piazza di paese.

Il display dunque è forse più asettico, permette però di esplorare la fiera con ritmo regolare e senza il rischio di perdersi qualcosa. I galleristi si sono detti molto soddisfatti fin dal primo giorno: tantissimi visitatori e ottime vendite già dalle prime ore.

 

Lo stand di Capsule Shangai a LISTE

Lo stand di Capsule Shangai attira l’attenzione con i potenti disegni di figure ibride di Wang Haiyang; Vin Vin di Vienna presenta uno stand scanzonato e un po’ nostalgico con le sculture di Thomas Liu Le Lann, Gianni Manhattan propone Kira Freije; Feliz Gaudliz divide lo stand con Galerie Bernhard e mostra Jenna Bliss, Oktem Aykut propone Ishan Oturmak e Fanta Milano presenta Margherita Raso.

 

Öktem & Aykut @ LISTE 2021, Photo by Renato Ghiazza

Da segnalare anche BomBon Project di Barcellona con un delicatissimo solo di Anna Dot; Alexandra Romy con le sculture sensuali di Maya Hottarek, Efremdis gallery con i lavori seducenti in velluto e vernice di Hannah Sophie Dunkelberg – una artista che sta vivendo un ottimo momento a livello internazionale, e Sans Titre di Parigi con i dipinti onirici di Tanja Nis-Hansen.

Uno spotlight infine sull’incredibile video Khtobtogone, realizzato riproducendo il mondo virtuale del noto gioco GTA, di Sara Sadik, giovanissima artista digital di base a Marsiglia rappresentata da Crevecoeur Parigi.

 

 

Lo stand di Crevecoeur con il video di Sara Sadik: Khtobtogone del 2021

Liste si conferma la gemma europea delle fiere collaterali, con una selezione di altissima qualità e lavori che spaziano tra i media più disparati, offrendo davvero uno spaccato delle ricerca internazionale e un’atmosfera conviviale e frizzante, esattamente quello di cui avevamo bisogno.

Lucia Longhi
Lucia Longhi
Lucia Longhi è curatrice indipendente e contributor per magazine internazionali. Lavora tra Venezia e Berlino. La sua pratica curatoriale esplora le intersezioni tra arte, natura e tecnologia, con un focus sui nuovi media. Collabora con gallerie, fondazioni private e istituzioni per la curatela di mostre, servizi di art advisory e scrittura di saggi critici.
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