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WopArt 2019: una fiera in crescita

del

Si è conclusa domenica la quarta edizione di WopArt 2019, la fiera dedicata alle opere su carta che si è tenuta dal 19 al 22 settembre nella sede che stabilmente la ospita dal 2016: il Centro Esposizioni di Lugano. Un evento che si è presentato con una veste più contemporanea e decisamente più innovativa.

Non solo nella sua forma che ha visto nuove collaborazioni, quella tecnico-organizzativa con il gruppo BolognaFiere Spa e nuovi investitori come Alberto Rusconi.

WopArt, quest’anno, ha infatti ampliato la proposta espositiva, aprendosi alle esperienze più recenti delle pratiche artistiche; introducendo la possibilità di portare un massimo di tre opere su supporto non cartaceo e aumentando gli spazi interni con una nuova area dedicata alla cultura.

 

WopArt 2019: tra novità e conferme 

 

102 le gallerie, 16 i paesi del mondo coinvolti nell’edizione di WopArt di quest’anno, un numero in crescita sintomo di una fiducia che questa fiera, partita in sordina, si sta conquistando lentamente nel tempo.

Un settore, quello delle opere su carta, che riesce a catalizzare l’attenzione di un pubblico specializzato e che apparentemente copre una piccola fetta del mercato dell’arte, ma che proprio per la natura dell’oggetto proposto risulta potenzialmente più accessibile e più inclusivo.

Le opere su carta riescono ancora a mantenere prezzi contenuti (fatto salvo per gli artisti storicizzati che possono sfiorare anche il milione di euro) e sono quindi in grado di avvicinare un nuovo collezionismo, se pensiamo che l’opera più economica della fiera costava cinque franchi: una riproduzione di immagini selezionate dagli artisti della sezione Project Space.

Josh Rowell, NOTAZIONI, ESERCIZI DI STILE, QUENEAU (ITALIANO), 2019. Acrilico su carta pressata a freddo – cm 72 x 50. COURTESY: Atipografia

Una vera e propria donazione a sfondo benefico, come risultato del progetto più antifieristico e anticonformista, International Laser Print Show, curato da Marco Roberto Marelli con la collaborazione di Chiara Spiaggiari e coordinati da Dario Moalli per la sezione Project Space. Uno stand di forte impatto grafico, collocato nell’area Main Course che sembra attivare un dialogo concettuale tra i white cube, teorizzati ormai, circa quarant’anni fa, da Brian O’Doherty e gli spazi indipendenti che rappresentano per definizione e storia, proprio l’antitesi delle gallerie, per luoghi, ideologie, pratiche e visioni.

Per la prima volta, selezionati da un comitato di importanti curatori sul territorio nazionale e internazionale,  la fiera ha visto la presenza di Adiacenze (Bologna), Almanac (Londra/Torino), Avto (Istanbul), Circuit (Losanna), Current (Milano), Kunsteiverein (Milano), Like a little disaster (Polignano a Mare), NON+Ultra (Cluj-Napoca, Romania), Sonnestube (Lugano, Svizzera), Ultrastudio (Los Angeles/Pescara) e Vernacular Institute (Città del Messico).

Pablo Picasso, Deux femmes et homme, 1967, matita su carta, 55.9 x 75.9 cm. Courtesy Vitart SA

Molte le proposte delle sezioni Main Course, la parte più consistente a livello numerico, suddivise in: Modern & Contemporay per opere dal Novecento a oggi – con un segmento dedicato agli Old Master riservato a un collezionismo più esperto – e Emergent, la sezione destinata alle giovani gallerie, di cui quasi la metà straniere, 6 su 13, tra cui la Saye’Art Gallery (Tehran) che presenta tra gli artisti i paesaggi di Soba Adebboost e di Hozana Rahimi e Tsekh (Vilnius) con i delicati lavori di Iegven Petrov.

E poi Dialogues, curato da Luca Zuccala e Davide Landoni, un progetto dialettico (e non solo in senso metaforico) intorno al quale sono stati invitati a ragionare le gallerie selezionate. Si tratta di un’esplorazione intorno alla triade dialettica (tesi, sintesi e antitesi) per costruire un percorso espositivo attraverso le opere proposte che indagano le possibilità del mezzo cartaceo. Come luogo primario del segno, come spazio delle trasformazioni possibili complice la tecnologia e il principio di riproducibilità e come un ritorno alle origini ma con forme scultoree diverse.

Un momento del talk “Curatela indipendente: Nomadismo, Progettualità e Sperimentazione”

Sono state sette le mostre collaterali nel nuovo padiglione Piazza della Cultura dedicato al pubblico, tra un viaggio nella storia, con i papiri provenienti dal Museo Egizio di Firenze o le opere su carta di Luigi Pericle. Uno spazio multifunzionale che prevedeva aree relax e ristoro, laboratori per bambini, l’area talks, pensato per essere un punto di convergenza. Una riconferma, quest’ultima, a dimostrazione dell’importanza di un dialogo e un confronto tra pubblici diversi specializzati e non.

Conversations era invece la sezione curata da Mimmo di Marzio e Luca Zuccala, che proponeva un programma ricco e variegato, sul sistema dell’arte, sui suoi protagonisti, mostrandone le sfaccettature e riportando esperienze dirette, approfondendo tematiche che ruotano intorno a concetti chiave: The flavours of paper, The biodiversity of paper e The democracy of paper. Un’opportunità di confronto che il pubblico però non sempre è stata in grado di recepire.

 

Il progetto culturale

 

Tra la presenza di fondazioni, musei e sponsor a corollario della proposta espositiva, un progetto culturale – Drawings from lightning –, è stato selezionato e ospitato proprio accanto al nuovo padiglione della cultura. Un piccolo stand che ha ospitato il lavoro coraggioso e in controtendenza con i tempi di chi crede ancora nel valore della carta come oggetto, luogo e dimensione stabile (nonostante i tempi).

 

Emilio Isgrò A Mare Libro d’artista, 2017 3 esemplari Courtesy: Colophon Arte

Attivato dall’artista Laura Santamaria qualche anno fa, ha coinvolto una trentina di artisti nazionali e internazionali, tra cui Susanna Janina Baumgartner, Gianni Caravaggio, Daniele Girardi, Paolo Gonzato, Pesce Khete, Luca Trevisani, solo per citarne alcuni, che attraverso un tema comune, ovvero la rappresentazione di un fenomeno atmosferico, sono stati invitati a realizzare un’opera su carta contenuta in un libro d’artista a edizione limitata di solo 250 copie.

E non sono sfuggiti i preziosi libri d’artista di Colophonarte, con i lavori di François Morellet, Emilio Isgrò, Agostino Bonalumi, le poesie di Guido Ballo che in Gherba racchiude, tra gli altri, le grafiche di Kengiro Azuma, Enrico Castellani, Mimmo Paladino.

 

Nel segno della delicatezza

 

In questa edizione emerge una certa delicatezza del segno che vede tracciare confini sulla carta raffinati, tratti leggeri in taluni casi evanescenti o colori che non ostentano mai troppo la loro presenza. Un fil rouge che unisce le diverse sezioni e che emerge nonostante la presenza discreta, tra le molte proposte di artisti storicizzati capaci di catalizzare l’attenzione come Pablo Picasso, Lucio Fontana, Giorgio De Chirico, il grande cartone di Christo e Jeanne-Claude o il pop di Andy Warhol.

Delicatezza di tratti o nella scelta della tavolozza come nelle opere di Minjung Kim artista coreana nella serie Mountain e Red Mountain, in cui pennellate sovrapposte creano vibrazioni atmosferiche impalpabili e Hisao Chin artista cinese con il suo lavoro fortemente simbolico e politico, nel bellissimo stand dedicato all’oriente di Robilant & Voena.

Wang Tong, Harbin Heilongjiang 08.2008, dalla serie Forging Cities. Fotografia in B&N su carta giapponese, cm 50 x 70. Edizione di15. Courtesy l’Artista e [dip] contemporary art

Un oriente presente in bianco e nero nelle fotografie di Wang Tong alla [DIP] Contemporary Art.s o nell’opera di Ando Hiroshige alla Salamon Fine Art che propone una raffinata selezione di artisti. Uno stand poetico, un’immersione nel mondo animale e floreale negli acquerelli di Karl Martens, nel disegno a matita di Giorgia Oldano o in quello di Tamer Marzio e nella natura che sembra prelevata da manuali di botanica di Margherita Leoni.

Alla Galleria Poggiali le stratificazioni non sono solo materiali ma anche concettuali, tra memoria e contemporaneità con le teste femminili o in quella dell’eroe di Luca Pignatelli che irrompono con le loro dimensioni tra la stella fosforescente con la sabbia di Stromboli di Gilberto Zorio, mentre la Galleria Continua sceglie i frammenti disegnati da Kiki Smith, mani e piedi simboli di un’indagine sulla fragilità del corpo e delle sue trasformazioni.

Luca Pignatelli, Eroe, 2013, tecnica mista su carta, cm 204×151. Courtesy Galleria Poggiali

Un dialogo tra la carta e i linguaggi, per definizione codici che la definiscono, è quello proposto dagli artisti di Atipografia. Stefano Mario Zatti riscrive la divina commedia all’interno dei suoi canti mentre per John Rowell il linguaggio è quello della tecnologia fatto di pixell che trasferisce con punti colorati sulla carta per raccontare in lingue diverse Notazione, Esercizi di stile di Queneau. Una carta che trova forme diverse di rappresentazione per le bucoliche opere di Andrea Mastrovito alla Wilde gallery e che restituiscono invece nel segno della delicatezza una realtà quanto mai attuale con Blue Tank, un carrarmato grigio e blu dell’artista iraniana Avish Khebrehzadeh alla M77 Gallery.

Avish Khebrehzadeh, Maskhara 47, 2014, grafite e pennarello su strati di carta, cm 35,5×43. Courtesy M77 Gallery

L’invenzione della carta ha radici lontane ed è riuscita a conquistare un ruolo indissolubile con l’uomo nel tempo, complice quella che lo studioso Marshall McLuhan ha chiamato “La Galassia Gutember e l’invenzione dell’uomo tipografico” in un saggio del 1962.

In tempi di realtà amplificata dalle tecnologie, di etno-mondi liquidi e virtuali, teorizzati da sociologi contemporanei o di previsioni apocalittiche sul ruolo e il destino della carta, eventi come questo non fanno che riaffermarne il valore e la sua dimensione temporale e spaziale all’interno della contemporaneità.

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