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Artista affermato. Artista emergente. Le opere: sullo sfondo

del

Negli ultimi venti anni si è molto lavorato per comprendere attraverso quali strade gli artisti, soprattutto contemporanei, arrivassero al successo. Questa tematica ha interessato la critica d’arte (quella vera), ma anche settori apparentemente (e solo apparentemente) lontani, come la finanza e la stampa generalista, ma anche settori come l’economia dell’informazione e l’economia della conoscenza. Ma procediamo con ordine. Esistono due tipi di ragioni che motivano questo interesse: la prima è di stampo prettamente accademico e riguarda l’andamento dei mercati quando il “prezzo” non è una variabile informativa esaustiva.

In altri termini, una parte dell’interesse per l’andamento di mercato del settore artistico è ascrivibile alla particolare condizione che si verifica, abbastanza spesso,  in quasi tutti i settori culturali e creativi, per cui il prezzo non è strettamente correlato al “valore”. Tralasciando questo argomento, più adatto a convegni universitari, la seconda tipologia di interesse nei riguardi dell’andamento dei prezzi delle opere d’arte è invece fortemente collegata a quei settori dell’economia che operano quotidianamente sul mercato (dalla finanza all’imprenditoria privata).

Senza neanche addentrarci nei meandri della ricerca, appare evidente che la sola bontà dell’opera non è l’unico fattore in grado di spiegare gli andamenti di mercato: se così fosse non ci sarebbero andamenti, ma prezzi fissi o al massimo trend, come accade per i beni cosiddetti tradizionali. Quali sono dunque le caratteristiche che determinano i cambiamenti di valore di un artista e quindi il “prezzo” delle sue opere?

Le classificazioni storiche (medium, grandezza, tecnica) non rappresentano più variabili adeguate: grandezza e tecnica, infatti, non rientrano nelle discriminanti delle opere e il medium rappresenta piuttosto una tecnica di classificazione del sottomercato di riferimento. Come dire, se un artista utilizza la fotografia come medium prevalente apparterrà al mercato della fotografia, che ha un volume d’affari sicuramente differente da quello della pittura. Allora quali possono essere tali variabili?

C’è da dire che non esiste una risposta univoca, sia perché il mercato dell’arte è uno tra i più opachi che esistano tuttora (malgrado vari tentativi di regolamentazione) sia perché i fattori in gioco sono molteplici. Sicuramente si può affermare che essendo l’arte un superstar-market, ossia un mercato in cui la distribuzione della ricchezza è fortemente concentrata (pochi artisti famosi valgono molto di più di tantissimi artisti emergenti), il mercato dell’arte è sicuramente incentrato su dinamiche di relazione e di network che presentano feedback della domanda.

Cosa vuol dire? Vuol dire che quante più persone conoscono Damien Hirst tanto più varrà una sua opera, e tanto più varrà una sua opera tante più persone saranno probabilmente esposte all’artista, conoscendolo. E questo è vero a tutti i livelli e qualunque sia il network di riferimento. Facciamo un esempio. Prendiamo 10 artisti contemporanei:

  • Damien Hirst;
  • Jeff Koons;
  • Maurizio Cattelan;
  • Candida Höfer;
  • Marina Abramovic;
  • Anish Kapoor;
  • Vik Muniz;
  • Joana Vasconcelos;
  • Mimmo Paladino;
  • Regina Josè Galindo

Questi artisti hanno registrato nel tempo un andamento differente all’interno del ranking e per motivi differenti. Per Damien Hirst senza dubbio gli eventi che hanno maggiormente siglato (in positivo) la sua carriera sono state la provocazione-mercato dell’asta organizzata da Sotheby’s e la retrospettiva organizzatagli dalla Tate Modern. Percorso analogo quello di Jeff Koons, che dapprima conquista posizioni in concomitanza di un progetto con la BMW e successivamente per un’altra retrospettiva, prima al Withney Museum, poi al Centre Pompidou e infine al Guggenheim. Kapoor, Cattelan, e Abramovic presentano un andamento analogo, retrospettive, grandi installazioni (Kapoor al Guggenheim, Cattelan in Piazza della Borsa) e eventi di tipo mediatico (Lady Gaga per Abramovic) sicuramente influenzano la loro classifica nel ranking degli artisti.

A queste variabili si aggiungono senza ombra di dubbio anche discriminanti come le Gallerie di riferimento e il numero di esposizioni e la rilevanza delle stesse (retrospettive o, nel caso di Regina José Galindo e di Joana Vasconcelos la rappresentanza alla Biennale di Venezia). E le opere?

In una classifica di questo tipo, le opere, lo stile, la dimensione, rimangono sullo sfondo. Certo, tutti questi artisti presentano opere in alcuni casi geniali, e sono tutti caratterizzati da una carriera artistica “professionale”. È indubbio però che, al netto delle differenze stilistiche, ci siano alcuni artisti che abbiano saputo trovare il modo di far parlare di sé e che questo incida nella loro classifica.

Ed è questo il punto centrale della questione: la quotazione è ormai sull’artista, che incide notevolmente sul valore medio delle opere. È l’artista, e non l’opera, il grande mito di questo tempo. La sua reale carriera è quella di fare da un lato opere che sappiano convincere la critica, ma dall’altro avere quel piglio, quello spirito di provocazione, quella capacità di interpretare la nostra epoca social. Che sia un dito medio al mondo o una rappresentazione farmaceutica della nostra vita.

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