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Talenti Emergenti: Francesca Amadeo

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Che cosa c’entra la filosofia indiana con la fisica quantistica? Moltissimo, in particolare se stiamo parlando di Francesca Amadeo, giovane artista, originaria di Carrara, reduce dalla sua prima antologica, organizzata alla fine dello scorso anno nei locali di Villa Paolina a Viareggio. Una mostra su un percorso artistico lungo cinque anni, durante i quali Francesca ha sviluppato una profonda e raffinata riflessione sul vuoto che, idealmente, è racchiuso tra un sutra del I secolo d.c., “La forma è il vuoto e il vuoto è forma”, e una frase del celebre fisico e filosofo tedesco Niels Bohr: “Tutto ciò che chiamiamo reale è fatto di cose che non possiamo chiamare reali”. Dal 2009 ad oggi, la ricerca artistica di Francesca Amadeo ha, così, dato vita ad una vera e propria collezione di tracce che compongono, come spiega lei stessa, “un itinerario per registrare e raccontare l’esistenza di un mondo invisibile, esplorando la complessità e le stratificazioni che caratterizzano la realtà”. Tracce create utilizzando garze imbevute di [glossary_exclude]gesso[/glossary_exclude], le quali, una volta asportate, lasciano un segno rivelando un’assenza che è, in realtà, presenza.

Nicola Maggi: Come si è sviluppata la tua ricerca nel tempo?

Francesca Amadeo: «All’epoca dei miei primi lavori, le Tele del 2009, non avevo ancora chiara la direzione della mia ricerca. Lavoravo sull’idea di traccia, di un qualcosa che c’era e che adesso non c’è più, ma che è vitale ed ha una sua individualità. La riflessione poi si è sviluppata sul significato delle tracce che noi vediamo, un significato che va oltre l’elemento materiale. Pensiamo alla Sindone: il fatto che il corpo che ha lasciato quei segni sia esistito o meno non è importante ma è quello di cui sono portatrici quelle tracce che è realmente significativo. Mi sono quindi concentrata su questo, lavorando con garze imbevute di [glossary_exclude]gesso[/glossary_exclude] che, messe e tolte, lasciavano una traccia sulla materia, procedendo alla ricerca di una forma, di una traccia appunto».

Francesca Amadeo, Tracce, 2009. Gesso, acrilico su tela.
Francesca Amadeo, Tracce, 2009.

N.M.: Con gli anni, dai tuoi lavori è scomparso anche il supporto, la tela. Come sei arrivata a questo passaggio?

F.A.: «La tela mi limitava molto, era comunque una presenza. Per questo nei Gusci anche questa diventa un calco e non per limitarne la presenza, ma per coglierne l’essenza. Un volta “liberato”, il quadro può, infatti, prendere le forme che io mi immagino si creino e si distruggano nel vuoto. La tela non mi dava questa libertà. Oltre a ciò, questo passaggio, all’interno del mio lavoro, rappresenta anche un critica nei confronti di un’arte che oggi è, spesso, fine a se stessa, legata alle mode e limitata alla provocazione, quando, invece, dovrebbe aprirci gli occhi per vedere là dove non arriviamo in altro modo».

N.M.: Poi arrivi, nella tua riflessione, ad una serie di lavori molto particolari che si chiama 21 grammi, ossia il peso dell’anima…

F.A.: «Ho sempre pensato, in maniera forse un po’ platonica, che ci fosse un mondo parallelo; che qualsiasi cosa noi pensiamo prenda, in quel momento stesso, vita. L’artista, poi, tra tutte le sue innumerevoli idee ne deve scegliere una, ma le altre opere che, comunque, ha pensato, mi sono sempre immaginata che continuassero a vivere e che stessero lì in attesa di essere scelte. Allo stesso tempo sono convinta che noi siamo fatti di energia, che abbiamo un’anima che per i credenti è qualcosa di divino e per i non credenti una sorta di campo energetico che ci avvolge. E come le idee prendono vita, anche questo campo energetico ha una sua presenza, una sua capacità di interagire con il mondo esterno. Ecco, allora, che per me i 21 grammi sono la possibilità di vedere questa altra dimensione che prende forma».

Francesca Amadeo, 21 grammi, 2012
Francesca Amadeo, 21 grammi, 2012

N.M.: Nei tuoi lavori più recenti, poi, è entrato anche un nuovo elemento: la luce…

F.A.: «Noi, normalmente, accendiamo la luce per vedere meglio, ma siccome nel buio e nel vuoto accadono altre cose, nel momento in cui accendi la luce non è che vedi realmente meglio ma vedi semplicemente un’altra cosa. C’è un principio meraviglioso della fisica quantistica il quale afferma che il solo osservare un fenomeno lo cambia a tal punto da far sì che questo abbia una risultanza diversa. Come dire che osservare le cose ne cambia il destino. La luce che inserisco nei miei lavori non è luce rivelatrice, ma uno spunto di riflessione in più».

N.M.: e questo ci porta alla serie in-naturale

F.A.: «Quella di in-naturale è una riflessione complessa, che parte dal concetto che siamo tutti fatti della stessa materia e che siamo soltanto una manifestazione diversa di energia. Per cui, se noi non la smettiamo di crederci i padroni di questo mondo e di tartassarlo, non potremo che andare verso l’autodistruzione. I frutti di in-naturale sono ripieni di polistirolo, ma non te ne rendi conto fino a quando non li prendi in mano. Il polistirolo è bianco e innocuo anche se contiene lo stirene che è un veleno reso inoffensivo dai nostri procedimenti molto inquinanti. Il tutto nascosto in frutti dai colori giocosi ed invitanti, ma assolutamente privi di sostanze nutritive. Oggi non sappiamo più quello che mangiamo: quello che appare non è ciò che è e quello che non appare è in realtà la cosa più importante. Un discorso che si fa ancora più forte nei Denaturati: quando una sostanza è tossica l’uomo deve colorarla, penso all’alcol. In questo caso è il contrario e ci troviamo davanti all’assenza del colore, davanti ad un bianco candido, spettrale e mortale, perché la nostra condotta è pericolosa e viene segnalata, in questo caso, con la mancanza di colori. Noi siamo in una società dell’apparire dove chi appare esiste quando, invece, il messaggio dovrebbe essere proprio il contrario: non devi apparire per esistere».

Francesca Amadeo, Nature is not your toy, 2011-2012. (foto: www.studio-xs.com)
Francesca Amadeo, Nature is not your toy, 2011-2012. (foto: www.studio-xs.com)

Per saperne di più: www.francescaamadeo.it

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.
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