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Valore, Capitale Simbolico e Canali di Distribuzione: come guadagnarsi l’autorità nel mondo dell’arte

del

Nel precedente articolo ci siamo inoltrati nei meandri di un mercato dell’arte in piena trasformazione, illustrando il cambiamento in atto nelle attività svolte dai suoi principali intermediari. Per comprendere al meglio questi ultimi sviluppi risulta utile fare un passo indietro cercando di inquadrare il cambiamento in un contesto temporale ciclico, dove gli operatori sono soggetti a cambiamenti dettati da fattori interni ed esterni al sistema in cui operano. Questa breve analisi passa anche attraverso la funzione principe degli intermediari, ovvero quella di distribuire e  “creare valore” per le opere d’arte che gestiscono. (Leggi ->Talking Galleries: nuove sfide in un contesto sempre più competitivo)

 

Un contesto per l’evoluzione del ruolo degli operatori

 

Il mondo dell’arte può essere visto come un ecosistema soggetto a cambiamenti strutturali causati da fattori interni o esterni. Questi fattori possono determinare una variazione negli equilibri di potere fra gli intermediari, alterando la loro influenza e autorità all’interno dei canali di distribuzione di opere d’arte.

Possiamo inquadrare i fattori interni nella “teoria dei campi” sviluppata del sociologo francese Pierre Bourdieu in “The Field of Cultural Production” (1993). Con la nozione di “campo” l’autore designa gli effetti della divisione del lavoro: con il tempo ogni attività culturale (arte, letteratura, filosofia) diventa un microcosmo relativamente indipendente dagli altri, con la sua storia, le sue istituzioni, modelli, regole e gerarchie, che sono in ogni momento oggetto di lotta a causa della concorrenza.

Secondo Bourdieu l’autorità degli operatori nel campo dell’arte è determinata dalle azioni e dalle interazioni fra le forze operanti all’interno e all’esterno del campo in cui agiscono, oltre che dalle reazioni avviate dagli intermediari per difendere o migliorare la loro posizione all’interno di esso (position taking). Gli operatori si distinguono l’uno dall’altro in base ai loro modelli di business (l’organizzazione di mostre e compravendita per le gallerie, raccolta di opere e vendita al pubblico per le case d’aste) e alle loro specializzazioni (tipologia di artisti proposti da una galleria o tipologia di beni trattati da una casa d’aste).

Tramite azioni ed interazioni gli intermediari creano valore all’interno di un mercato che commercia “oggetti” senza un prezzo ben definito. Secondo Bourdieu questo valore è  dato dall’accumulo di capitale simbolico, ovvero il prestigio e l’autorità posseduti dagli intermediari e ottenuti “facendosi un nome” all’interno del campo in cui operano. L’autore francese definisce questo capitale come il “capitale della consacrazione” che consente di fissare criteri di valutazione e di consacrare oggetti come opere d’arte dandogli un valore (prima simbolico e poi economico).

Il valore di un’opera d’arte è altresì influenzato dai valori sociali e simbolici percepiti dai consumatori. I bisogni simbolici sono legati alle caratteristiche psicologiche e sociali del prodotto, si riferiscono quindi ai loro attributi immateriali. I bisogni sociali possono derivare dal desiderio/necessità di dimostrare l’appartenenza a un gruppo sociale o di esprimere la propria personalità attraverso il consumo di “prodotti d’arte”.

Allo stesso tempo, l’autorità nel campo culturale dipende dalle relazioni economiche e di potere instaurate dagli intermediari operanti nel sistema. Le relazioni economiche hanno un’incidenza sulle risorse monetarie a disposizione per intraprendere determinate azioni come la promozione degli artisti, la commissione di opere e cosi via. Le relazioni di potere sono invece rappresentate dalle conoscenze e relazioni influenti all’interno o all’esterno del sistema dell’arte, pensiamo ad esempio all’interazione del mondo dell’arte con le alte sfere della politica e della finanza.

Tra i fattori esterni che hanno portato ad un’evoluzione nel ruolo degli intermediari troviamo invece le nuove dinamiche sociali, economiche e tecnologiche portate dalla globalizzazione a partire dagli anni Ottanta. La rapida trasformazione del quadro politico ed economico, in congiunzione con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione e l’aumento della mobilità globale di persone e beni, hanno avuto un profondo impatto sullo scenario competitivo.

Eventi come il crollo del muro di Berlino e la disgregazione dell’Unione Sovietica hanno inaugurato un’era caratterizzata da mercati aperti che hanno permesso uno scambio globale di merci e di informazioni tra Paesi ed operatori del sistema. Il progresso tecnologico, l’internazionalizzazione dei mercati e una crescente domanda di arte hanno contribuito all’espansione di un nuovo mercato globale. Queste nuove condizioni hanno influito sull’evoluzione degli intermediari e hanno favorito la concorrenza con l’ingresso di nuovi players entrati in competizione con le gallerie d’arte.

Gli sviluppi del mercato sono stati influenzati anche dai nuovi motivi di consumo. Il mondo dell’arte oggi è fortemente connesso a quello della finanza, le grandi gallerie sono in grado di garantire investimenti architettando la rapida ascesa di artisti con massicce campagne di marketing e il controllo dei prezzi delle opere in asta. Dall’altra parte il mondo dell’arte è sempre più legato a quello dello spettacolo e trainato dalla componente “eventi”, con le fiere d’arte che possono essere considerate le manifestazioni più importanti all’interno di un economia dell’esperienza.

 

Gatekeepers: il ruolo degli intermediari nel creare valore

 

E’ altrettanto importante soffermarsi sulla funzione chiave che permette agli intermediari di essere percepiti come un autorità all’interno del campo dell’arte: creare valore per determinate scelte artistiche. Gli intermediari agiscono nel mondo dell’arte come dei filtri all’interno di un canale di distribuzione: i soggetti responsabili di questo processo vengono chiamati gatekeepers.

La teoria dei gatekeepers, inizialmente teorizzata da Kurt Lewin (1947), si basa sul fatto che le informazioni sono selezionate, gestite, programmate per la diffusione o rifiutate prima di arrivare ai consumatori. Il processo di gatekeeping nel campo dell’arte può essere visto come un flusso dinamico che avviene tra gatekeeper e prodotti da essi mediati (definiti prodotti mediali). Le decisioni che facilitano o fermano le transizioni dei prodotti d’arte attraverso il canale sono il risultato della produzione di informazioni e contenuti, del potere politico, dei rapporti fra gatekeepers e i prodotti mediali e delle alternative offerte dai competitors.

Per esempio le gallerie, come i negozi di moda o altri business, fungono da mediatori fra la produzione dell’artista e la richiesta di opere. Agendo come tali, le gallerie facilitano la comunicazione con altri gatekeepers all’interno del canale di distribuzione (musei, case d’asta, curatori, collezionisti) con lo scopo di fornire ulteriore legittimazione, facilitando la promozione e la diffusione di prodotti d’arte. In pratica le gallerie organizzano mostre, pubblicazioni e cercano di collocare opere nelle più importanti collezioni. In altre parole interagiscono con diversi soggetti per accrescere il valore dei propri artisti.

La teoria del gatekeeping
La teoria del gatekeeping

 

Per citare un esempio pratico, nel precedente articolo abbiamo parlato dell’alleanza fra Sotheby’s e Pace Gallery nel rappresentare l’archivio dell’artista Vito Acconci. La collaborazione fra questi due gatekeepers permette da una parte di promuovere le opere dell’artista (attraverso l’esclusiva distribuzione delle opere da parte di Pace Gallery), dall’altra di avere un controllo delle sue opere nel mercato secondario attraverso la rete della major Sotheby’s.

Questo meccanismo di “creazione di valore” può persino funzionare meglio se i ruoli precedentemente svolti da diversi intermediari fanno capo ad un singolo individuo. Un caso esemplare è quello di François Pinault, miliardario francese re del lusso e del lifestyle. Pinault è allo stesso tempo collezionista, proprietario della casa d’aste Christie’s  e fondatore di una rete di musei che ospitano la sua collezione (Palazzo Grassi e punta della Dogana a Venezia, Bourse du Commerce che inaugurerà a Parigi quest’anno). Con un capitale economico a disposizione praticamente illimitato ed il controllo di diversi intermediari operanti nel sistema Pinault è in grado di esercitare un controllo quasi totale sul mercato.

 

Equilibri di potere in evoluzione

 

Abbiamo visto come, secondo la lettura proposta, il mondo dell’arte possa essere soggetto a cambiamenti strutturali causati da fattori interni (“lotte” fra gli intermediari per la leadership) o esterni (cambiamenti socio-economici) che possono alterare gli equilibri di potere fra gli operatori. Storicamente il processo a cui stiamo assistendo non rappresenta una novità, anzi in passato questi shift di potere sono accaduti ciclicamente. Infatti nella Parigi del XX secolo il potere decisionale era in mano alle accademie che fungevano da promotrici dei più alti standard dell’arte. Queste organizzazioni fornivano un’educazione, la possibilità di esporre e vendere opere oltre che ricevere premi per i migliori pezzi. Quando però un numero crescente di artisti arrivò a Parigi per perseguire una carriera artistica, l’accademia non riuscì ad espandersi in maniera tale da accontentare questa richiesta, facilitando così l’ingresso di un nuovo intermediario: le gallerie d’arte.

A fine Novecento le gallerie emersero quindi come alternativa alle accademie, offrendo agli artisti un reddito per vivere e per acquistare i materiali. Le gallerie dovettero però trovare un modo alternativo per segnalare la qualità dei loro artisti, in contrapposizione al giudizio degli esperti. I critici contribuirono a questo obiettivo educando i potenziali acquirenti ad apprezzare le opere d’arte in vendita. Negli anni seguenti la crescente quantità di denaro confluita nel mercato dell’arte contribuì a sostituire la precedente struttura basata sulla conoscenza e lo studio di un gruppo esclusivo di critici, in favore di una legittimazione proveniente da gallerie e ricchi collezionisti in grado di  validare scelte artistiche  attraverso l’ampia promozione ed il controllo dei prezzi delle opere in asta.

La progressiva diminuzione di importanza dei critici portò anche all’emergere della figura del curatore, con uno shift dalla visione obiettiva del critico alla pratica soggettiva del curatore. A conseguenza di ciò gli articoli critici hanno lasciato il posto ai sempre più diffusi report sul mercato dell’arte e agli sterili articoli sui prezzi raggiunti in asta dal fenomeno di turno. Questi sono solo alcuni esempi di come l’importanza di certi intermediari sia variata nel tempo.

Tornando al giorno d’oggi il mondo dell’arte risulta essere sempre più frenetico e globalizzato, ed è quindi comprensibile il successo delle fiere internazionali capaci di offrire al collezionista, ma anche a curatori e musei, una visione globale sullo “stato dell’arte”, oltre che a rappresentare una piattaforma per il networking e l’acquisto d’arte. Questo a discapito delle gallerie, che si basano su un “sistema di consumo” dell’arte più lento ed approfondito fra le mura del proprio spazio espositivo.

Claudia Schiffer alla VIP preview di Frieze London 2019
Claudia Schiffer alla VIP preview di Frieze London 2019

Un altro fatto da considerare è la sempre più stretta connessione fra arte, eventi e lifestyle, dove il consumo di arte prende luogo attorno a grandi eventi come fiere, biennali ma anche alle importanti e sempre più spettacolari vendite nelle maggiori case d’asta: queste occasioni permettono di attirare visitatori, collezionisti globali, investitori e celebrità in un unico luogo. Alla luce di questa  analisi, una conclusione logica potrebbe essere che gli intermediari che attualmente godono di più autorità (grandi gallerie, fiere d’arte e case d’asta) siano destinati, ad un certo punto, a cedere la propria posizione a favore di nuovi players.

Tuttavia penso che gli attuali leader di mercato continueranno a ricoprire una posizione di primaria importanza in quanto si sono dimostrati sensibili ai cambiamenti imposti dalla società e dal mercato, oltre che a godere di grandi disponibili economiche che gli permettono di effettuare continui investimenti necessari a mantenersi competitivi. Degli esempi possono essere la lungimiranza delle maggiori case d’asta nell’entrare nel mercato primario, gli investimenti in tecnologia delle grandi gallerie per aggredire una crescente richiesta del mercato online, o gli investimenti  in mostre di arte digitale a pagamento per raggiungere le grandi masse.

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